Una sentenza della Cassazione rischia di fare giurisprudenza. Per il momento era noto solo che l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori prevedeva la possibilità di una verifica collettiva dei pc aziendali dei dipendenti da parte del datore di lavoro, in caso di un fondato sospetto di illecito.
Ma da un magistrato della Suprema corte è arrivata una nuova interpretazione della norma, tenendo conto delle innovazioni dell’articolo 4 apportate nel Jobs Act del 2015: diversamente che in passato, gli elementi raccolti dagli strumenti che il dipendente impiega per eseguire la prestazione, ad esempio il personal computer, possono essere utilizzati dall’azienda per verificare la diligenza dell’addetto nello svolgimento delle mansioni.
Nella sentenza gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net spiegano come bene hanno fatto i giudici territoriali a rilevare che il dipendente rischia la sanzione disciplinare se perde tempo su Internet dal pc aziendale.
È quanto emerge dalla sentenza 32760/21, pubblicata il 9 novembre dalla sezione lavoro della Cassazione. Bocciato il ricorso del datore: diventa definitivo l’annullamento della sanzione disciplinare inflitta al dipendente, sospeso per un giorno dal servizio e dalla retribuzione perché “si è fatto i fatti suoi” collegandosi dal computer aziendale a una serie di siti di carattere ludico e commerciale.
Il punto è che la contestazione risale al 21 febbraio 2012, dunque in epoca anteriore alla riforma. Nell’attuale formulazione dell’articolo 4 dello statuto dei lavoratori, introdotta dal decreto legislativo 151/15, è esclusa la necessità dell’accordo con i sindacati per i controlli sui sistemi informatici utilizzati dai dipendenti per rendere la prestazione, mentre le garanzie restano per gli impianti audiovisivi che possono riprendere il personale all’opera.
Per verificare la diligenza del lavoratore possono essere utilizzati anche i dati che emergono dai tornelli, che registrano gli accessi del personale, e dai sistemi che rilevano le presenze in servizio. E ciò con tutti i risvolti disciplinari e di altra natura connessi. Per le condotte anteriori al Jobs Act restano validi i paletti ai controlli difensivi, vale a dire gli impianti e i sistemi di controllo installati dal datore per evitare attività illecite o per motivi organizzativi e produttivi: se risultano rilevati anche dati inerenti la prestazione dei dipendenti, le informazioni non possono comunque essere impiegate per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratore. E dunque nella specie gli elementi acquisiti dall’azienda nell’ambito dei controlli difensivi non potevano essere utilizzati per sanzionare il dipendente.