Sanità

A Catania occhi puntati sulla Shaken baby syndrome

In occasione della Giornata mondiale della salute, a Catania e in oltre 25 città italiane si è celebrata la prima Giornata della shaken baby syndrome (Sbs) per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e prevenire le conseguenze drammatiche di comportamenti inconsapevoli. L’iniziativa nasce grazie alla collaborazione tra Terre des Hommes e Simeup (Società italiana di medicina di emergenza pediatrica), con il supporto di Anpas, Fimp e la Rete ospedaliera contro il maltrattamento infantile.

“Il 7 aprile è un’ottima occasione per parlare di questa forma di maltrattamento infantile ancora non molto conosciuta e riconosciuta – ha detto Maria Concetta Zinna, pediatra a vicepresidente di Simeup Sicilia, Società italiana di medicina di emergenza e urgenza pediatrica –. Questo significa parlare alle famiglie, ma anche alle istituzioni, alle strutture ospedaliere, alle università, affinché tutti contribuiscano a contrastare il fenomeno”.

L’iniziativa ha lo scopo di sensibilizzare e istruire i genitori e tutti coloro che accudiscono bambini piccoli a non mettere in atto azioni dannose, seppur spesso involontarie, per placare il pianto o la irritabilità del neonato o del lattante. Rispetto al passato, grazie a una maggiore consapevolezza del problema, sono stati fatti molti passi avanti: “Fino a qualche anno fa in Italia nessuno conosceva l’esistenza di questa grave patologia – ha aggiunto Lorenzo Pavone, maestro di pediatria –. Per supportare ulteriormente il cambiamento, indispensabile organizzare eventi di informazione e sensibilizzazione sul maltrattamento infantile anche all’interno delle scuole, per parlare con gli insegnanti, che spesso rappresentano gli interlocutori principali per captare i primi segnali di maltrattamento su un bambino; altrettanto importante parlare con i ragazzi e i genitori, perché oggi assistiamo sempre più frequentemente ad atti di violenza che si verificano tra i ragazzi a danno di coetanei e nei confronti di giovani ragazze”.

La sindrome del bambino scosso

“La ‘sindrome del bambino scosso’ è una tra le patologie più drammatiche tra le varie forme di maltrattamento fisico su un minore – ha precisato Martino Ruggieri, direttore della Clinica pediatrica dell’università di Catania e presidente della Società italiana di neurologia pediatrica –. Si verifica soprattutto nei bambini di età compresa tra 0 e 6 mesi, periodo di massima intensità del pianto del lattante. I bambini piccoli possono piangere da 30 minuti fino a 5 ore al giorno, senza che ciò sia accompagnato da una patologia. I casi di Sbs che giungono al nostro pronto soccorso rappresentano solo la punta dell’iceberg. Se pensiamo poi che questa patologia, la maggior parte delle volte, viene causata in maniera inconsapevole dai genitori o da chi accudisce il bambino, allora l’informazione e la sensibilizzazione da parte delle Società pediatriche divengono strumenti indispensabili per prevenirla”.

Scuotere il bambino può avere effetti devastanti

“I movimenti anche se di pochi secondi, bruschi e violenti del capo, del collo e del tronco e degli arti conseguenti allo scuotimento da del bambino, procurano gravi conseguenze a carico dell’encefalo, degli organi interni e delle articolazioni, con esiti drammatici per il suo sviluppo fisico, neurologico e psico comportamentale, che possono condurlo al coma o alla morte – ha concluso Ruggieri –. Si stima che circa l’80% dei bambini che sopravvive a questa drammatica esperienza, crescendo presenta gravi disturbi neurologici, disturbi del comportamento e dell’apprendimento scolastico, disabilità mentale, sindrome convulsiva, paralisi motorie, sordità e cecità. Purtroppo, secondo recenti indagini, circa il 50% delle madri affermano di non averne mai sentito parlare”.

L’ortopedico può talvolta rappresentare il primo e forse l’unico tra gli specialisti medici a trovarsi di fronte un bambino maltrattato fisicamente: non conoscere e soprattutto non riconoscere i segni suggestivi di maltrattamenti e abusi, oggi è inaccettabile. “Possono essere notati i classici segni di violenza fisica, dalle problematiche dei tessuti molli, come contusioni, bruciature, alle fratture – ha fatto sapere Vito Pavone, direttore della Clinica ortopedica dell’università di Catania –. Nella maggior parte dei casi, i bambini vengono curati con evidente ritardo. Inoltre, i segni di violenza possono essere non solo nelle zone maggiormente esposte, ma anche e soprattutto in quelle poco visibili, come l’area dietro le orecchie, la pianta dei piedi, la zona retro-nucale. “Importante quindi il ruolo della formazione dei medici e degli specializzandi, come svolgiamo da noi all’università di Catania”, ha concluso Vito Pavone.

Le conseguenze di questa forma di violenza

Si presume che le conseguenze di questa forma di violenza possano attivare persino una risposta autoimmune. “I bambini potrebbero avere delle ripercussioni a lunga distanza, con una sintomatologia osteo-arteo-muscolare su base differente da quella infiammatoria – ha spiegato Patrizia Barone, pediatra e responsabile della Reumatologia pediatrica nella Sicilia orientale –. Ancora oggi non conosciamo i meccanismi trigger delle malattie autoimmuni, ma non è escluso che studi futuri di epigenetica possano determinare la stretta correlazione con le violenze subite”.

A dimostrarne l’impatto pure la ricerca scientifica del Cnr Irib di Catania, di cui è responsabile Enrico Parano. “Un approccio nuovo e affascinante che ci aiuta a comprendere il cosiddetto ‘ciclo della violenza’, a rintracciare tutte le modifiche epigenetiche correlate alla violenza sui minori e tutti gli elementi che possono ripristinare il normale stato epigenetico, per evitare che le vittime si trasformino successivamente in nuovi aggressori”, ha riferito Xena Giada Pappalardo, biologa molecolare.

Entro l’estate un hub ospedaliero al Garibaldi Nesima

Al Garibaldi Nesima si sta procedendo con la selezione del personale che dovrà prendere servizio all’hub dedicato alle violenze sui minori. A dirlo è Giuseppe Ettore, direttore del Dipartimento Materno Infantile e direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’Arnas Garibaldi-Nesima. “L’iniziativa, sulla scorta dell’esperienza maturata in alcuni ospedali del Nord Italia, mira a mettere in rete i professionisti che in ambito sanitario periodicamente si interfacciano con i bambini, i pediatri, gli ortopedici, i radiologi, i neuropsichiatri infrantile e gli psicologi dell’età evolutiva, gli assistenti sociali, il personale paramedico, le associazioni, – ha precisato il direttore –. Perché soltanto facendo rete e condividendo simultaneamente i dati, come quelli relativi agli accessi al pronto soccorso, attraverso una piattaforma informatica si può davvero combattere il fenomeno. Altrimenti si tratterebbe dell’ennesima iniziativa utile ad attrarre consensi, ma inutile dal punto di vista pratico”.

I pianti prolungati del neonato, in ogni caso, possono mettere a dura prova i nervi dei genitori. “Oggi Catania, grazie alla Fondazione Terre des Hommes e al supporto delle principali società pediatriche siciliane, è protagonista di una giornata estremamente utile per informare i genitori che di fronte al pianto di un bambino piccolo, non possono e non devono mai scuoterlo – ha concluso Giuseppe Ettore –. Nei casi di pianti prolungati, è importante sapere gestire le proprie ansie, le preoccupazioni, il senso di frustrazione e di impotenza difronte a un fenomeno che, soprattutto nei bambini più piccoli, è quasi sempre da considerare normale”.

Accanto alla necessità dei dati, anche quella relativa alla formazione del personale, perché soltanto i pediatri che riconoscono i bambini maltrattati possono salvarli: “Il pediatra ospedaliero rappresenta spesso il primo momento di contatto, al pronto soccorso, con il bambino scosso – ha detto Antonella Di Stefano, direttore dell’Unità operativa di pediatria e pronto soccorso pediatrico dell’AOE Cannizzaro di Catania –. È dunque responsabile del ‘colpo d’occhio’ e della prima analisi del contesto familiare che possono fornire elementi indispensabili alla corretta diagnosi”.

Come segnalare il maltrattamento

Il sospetto delle violenze subite dal minore da parte del personale sanitario dovrebbe immediatamente essere seguito dalla denuncia. “Anche per questa forma di maltrattamento, a cui si assiste il più delle volte quando i genitori sono molto giovani e la madre vive una grave depressione post partum, i sanitari devono allertare le forze dell’ordine, il tribunale dei minori e i servizi sociali – ha sottolineato Rita Leocata, responsabile dell’Unità operativa di pronto soccorso pediatrico del Garibaldi-Nesima –. Dopodiché devono eseguire le direttive del tribunale”.

In molti casi è dal ricovero che comincia il percorso di allontanamento dalla casa familiare. “In tante occasioni, durante la degenza, il piccolo paziente viene protetto da una macchina che, una volta attivata, funziona – ha detto Antonino Palermo, direttore dell’Unità di pediatria del Garibaldi-Nesima –. Psicologi, assistenti sociali e strutture di protezione intervengono per assicurare che il bambino non venga esposto a nuove violenze”.

Di denuncia, ma soprattutto di prevenzione, si occupano pure i pediatri di famiglia. “Siamo 120 in tutta la provincia di Catania e, nonostante i grandi flussi che gestiamo ogni giorno, talvolta siamo il primo filtro per genitori e bambini – ha spiegato Filippo Di Forti, segretario provinciale della Federazione dei medici pediatri –. Abbiamo perciò il compito di valutare le dinamiche familiari, culturali, sociali ed economiche, di fare informazione sull’argomento, assieme alle strutture ospedaliere e alle università”.
Utile ai fini della prevenzione, poi, anche il contributo della protezione civile: “Il nostro compito è quello di prevenire i rischi e di salvaguardare così la sicurezza delle persone – ha aggiunto Salvo Cocina, direttore generale del dipartimento della Protezione civile in Sicilia –. Siamo dunque felici di essere stati interpellati contribuire all’organizzazione di questa giornata di sensibilizzazione”.

Il ruolo delle imprese nella prevenzione dei rischi sui minori

Ancor meno frequente, ma non per questo meno importante, la consapevolezza delle imprese sulla loro possibilità di incidere positivamente tanto sulla salute delle famiglie, quanto sul benessere dei più piccoli.

“Il ruolo di Confindustria a sostegno di queste iniziative è quello di avere sempre il focus su formazione e informazione su temi importanti come la violenza, diretta e indiretta, sui minori – ha fatto sapere Monica Luca, presidente del Comitato imprenditoria femminile di Confindustria Catania –. Le aziende possono e devono avere un occhio attento sul personale per misurare gli indicatori sentinella delle problematiche all’interno delle famiglie. Sia perché hanno una grande responsabilità sociale, sia perché i lavoratori più felici sono anche i più produttivi”.