Cronaca

Catania, fallimento “T.C. Impianti” per favorire la mafia: tre arresti, nomi


La Guardia di Finanza di Catania ha arrestato tre persone per bancarotta fraudolenta, sia patrimoniale che documentale, ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, aggravate dalla finalità di favorire il clan mafioso “Pillera-Puntina“, nell’ambito di un’inchiesta della Procura distrettuale sulla “T.C. Impianti”, azienda del settore dei servizi per le telecomunicazioni dichiarata fallita nell’aprile del 2021.

I nomi

Sono Francesco Marino, rappresentante legale della società, e Giovanni Consolo e Massimo Scaglione in qualità di soci e amministratori. Sono indagati per bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, con condotte aggravate dall’avere favorito il clan mafioso Pillera-Puntina.

Nei loro confronti il Gip ha emesso un’ordinanza cautelare che dispone anche la misura del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno.

Le indagini

Dalle indagini del nucleo Pef delle Fiamme gialle è emerso che gli indagati, “a fronte di un rilevante passivo fallimentare della società, pari a circa 800 mila euro, prevalentemente costituito da debiti verso l’Erario, avrebbero trasferito, a un prezzo non congruo, macchinari, attrezzature e posizioni contrattuali a una nuova società appositamente costituita, la “Easytel”, che di fatto, contesta l’accusa, ne ha continuato l’attività imprenditoriale”.

Emesse fatture per operazioni inesistenti pari a 140 mila euro

Sarebbero state, inoltre, “emesse fatture per operazioni inesistenti, con realizzazione di un indebito profitto, pari all’Iva non versata da parte di “T.C. Impianti”, per 140 mila euro”.

Inchiesta “Easy order”

Nell’inchiesta “Easy order” sono confluite le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia ed elementi investigativi che, secondo la Procura, “consentirebbero di ricondurre la società a Salvatore Pillera, capostipite dell’omonimo clan, attualmente detenuto in regime di 41-bis”.

Accogliendo la richiesta della Dda il Gip ha anche disposto il sequestro delle quote della Easytel, dei relativi beni aziendali e del profitto del reato tributario di emissione di fatture per operazioni inesistenti, per un valore stimato di oltre un milione di euro.