Caterina Chinnici è capolista di Forza Italia per la Isole e, per lei, si tratterebbe del terzo mandato.
Onorevole, quello per cui si candida è il terzo mandato. Possiamo dire che, dopo aver seminato un campo, vuole vederlo crescere?
“Sì, lo spirito della mia candidatura va letto in questo senso. Nei due mandati precedenti in ambito europeo ho fatto molto lavoro soprattutto sul tema della lotta alla criminalità organizzata che oggi parte, in ambito europeo, dal presupposto che la criminalità organizzata non è una prerogativa che si riscontra in un Paese o in una regione perché, dopo tanto lavoro, oggi è riconosciuto il fatto che si tratti di un fenomeno che interessa tutti i paesi europei, che opera a livello transnazionale, che va ben oltre i confini dell’Ue e che, pertanto, va contrastata con una normativa armonizzata di livello europeo. Il principale lavoro che ho fatto è stato quello di costruire questa normativa, portando in Europa la solida esperienza del nostro paese nel campo legislativo, investigativo e giudiziario. Certo che dieci anni fa non fu facile, ma in questo lungo lavoro si è arrivati al riconoscimento che da quell’idea ‘Sicilia uguale mafia’ si sia arrivati a considerare la Sicilia come il luogo in cui è nata la vera antimafia, modello di lotta alla criminalità organizzata. Si tratta di una normativa organica e, in alcune parti, molto avanzata perché riprende quelli che possiamo considerare i punti cardini del lavoro di mio padre, perché ho voluto portare la sua memoria a livello Europeo”.
Di che cosa si tratta?
“Di supportare e sostenere la cooperazione tra le varie forze di polizia e le autorità giudiziarie. Ho lavorato alla revisione e all’aggiornamento del regolamento costitutivo di Europol, al rafforzamento del regolamento di Eurojust e al regolamento costitutivo della Procura europea, che è nata anche grazie al mio modesto contributo. A questi si accompagnano molti altri provvedimenti legislativi, come la piattaforma per rafforzare il lavoro delle squadre investigative comuni, il rafforzamento del mandato di Olaf, si è posto l’accento su alcuni reati particolari riguardanti l’anti riciclaggio, le norme anti corruzione e la costituzione di un’autorità centrale indipendente per il contrasto del riciclaggio a livello europeo, l’Amla. Altro aspetto, particolarmente importante, è quello del contrasto patrimoniale con la direttiva sulla confisca dei beni che ha abbattuto le barriere investigative e esecutive all’interno dell’Europa. In questo direttiva ci sono due aspetti importanti: il primo è il riutilizzo dei beni confiscati a fini sociali, come già succede in Italia, e la possibilità di confisca dei patrimoni costituiti da criptovalute. Ora è importante monitorare l’applicazione di questa normativa e occorre, a mio avviso, integrarla sotto due profili, completando la competenza della Procura europea nel campo della criminalità organizzata. L’altro aspetto è la necessità di aggiornare la nozione, a livello europeo, di criminalità organizzata, contenuta in una decisione quadro del 2008 che fa riferimento ai reati, che non è più idonea oggi a perseguire una criminalità che si manifesta come una sorta di imprenditore a livello sopra nazionale e l’aggiornamento va fatto prendendo a modello l’art. 416bis del nostro ordinamento, nato 40 anni fa. A questo si aggiunge la tutela dei finanziamenti europei”.
Dall’Europa arriva solo un’eco lontana su due temi fondamentali, la tutela delle donne e dei minori…
“Questi due temi sono stati entrambi caposaldi del lavoro che ho svolto in questi anni. Nel caso dei diritti dei minori, anche sulla scorta del lavoro da me fatto negli uffici giudiziari, ho costituito il primo inter gruppo sulla tutela dei diritti dei minori, che oggi raccoglie oltre 120 parlamentari di paesi e gruppi politici diversi. Il lavoro dell’inter gruppo si sviluppa a 360° perché l’obiettivo è, in ogni commissione, inserire emendamenti alle normative di settore nelle quali ci sia sempre la tutela dei minori. Ci siamo occupati dei minori migranti, di quelli scomparsi, della povertà minorile e, da ultimo in questo mandato, della loro tutela rispetto alle violenze e agli abusi online. Oggi nel Digital Service Act e nell’Intelligence Act, provvedimenti che affrontano il tema dell’accesso al mondo online, abbiamo inserito norme specifiche per i minori che vanno tutelati e cito, solo ad esempio, il cyber stalking e gli abusi di natura sessuali. Per fare ciò abbiamo coinvolto le aziende del settore affinché siano posti limiti di accesso per i minori a determinati siti. Tra i lavori da proseguire c’è la costituzione di un centro europeo per la prevenzione e il controllo degli abusi online sui minori e quello per le persone scomparse con un settore specifico sui bambini scomparsi”.
Sul fronte della tutela delle donne, invece?
“Dal punto di vista della parità è stato fatto tanto ma, ancora oggi, in molti paesi le donne hanno ‘salari’ inferiori rispetto agli uomini e che, spesso, sono costrette a scegliere tra maternità e lavoro mentre è necessario dare supporto alle mamme che lavorano. Non ultimo il tema delle violenze, che sono fisiche, psicologiche ma anche economiche, nel caso delle donne che non possono lavorare e che dipendono dagli uomini. A queste violenze si aggiunge il tema della violenza sessuale. Oggi l’Ue ha sottoscritto la convenzione di Istanbul, che prevede norme riguardanti la prevenzione ma anche il sostegno alle donne che subiscono violenza. Una delle ultime direttive, votate ad aprile, è quella sulle violenze nei confronti delle donne e, per la prima volta a livello europeo, è stato formalizzato un ‘no’ fermo e deciso alla violenza sulle donne. Sono stati introdotti diversi reati come il matrimonio coatto, le mutilazioni genitali femminili, le violenze domestiche e la violenza assistita dei bambini, che rimangono traumatizzati di fronte alle violenze in ambito familiare. Abbiamo posto il principio che le relazioni di natura sessuale devono avere il consenso della donna ma manca ancora una cosa, ossia l’introduzione del reato di stupro, che non è stata accolta da alcuni paesi membri”.
Possiamo dire che, in questi 10 anni, su questi argomento sono stati fatti passi avanti?
“Assolutamente sì. È stato un percorso lungo che però va completato”.
Perché, in Europa, non si ha una visione complessiva della giustizia? Mi riferisco, nello specifico, alle disuguaglianze che riguardano le condizioni detentive, la mancanza di rispetto dei diritti umani basilari…
“Nel mandato precedente ho lavorato a una risoluzione sulle carceri, proprio sulla base della disparità di trattamento dei detenuti nei vari paesi europei. Essere uniti nella diversità, e questo è l’ambito europeo, non è facile e anche su questo tema c’è ancora tanto lavoro da fare come, ad esempio, sulla libertà dei media e la tutela dei giornalisti d’inchiesta o sulla direttiva sul contrasto al terrorismo. Il tema giustizia è competenza dei singoli Stati e possiamo incidere solo affrontandolo sotto un profilo diverso, quello della tutela dei principi fondamentali”.
Le elezioni europee hanno una particolarità. Non è possibile partecipare con una coalizione ma solo attraverso i singoli partiti e, una volta eletti, viene definito il c.d. apparentamento, ossia l’entrata del partito in un gruppo parlamentare. Lei è stata criticata perché, nel mandato che si chiude con le prossime elezioni, ha cambiato gruppo…
“Sì, io sono passata dal gruppo dei ‘Socialisti democratici’ a quello del ‘Partito popolare europeo’. Sono stata molto criticata e alcune esternazioni mi hanno fatto molto male. Io non faccio politica nel senso tradizionale del termine ma ho scelto, a un certo punto del mio percorso, di mettere le mie conoscenze e la mia esperienza al servizio dei cittadini. Mio padre fu il primo a intuire i collegamenti della mafia siciliana con altre forme di criminalità e le mafie esistenti in altri paesi, quella che lui quarant’anni fa definì ‘mafia imprenditrice’. La mia posizione è sempre stata, e continua a essere, quella di una persona moderata. Ho lavorato con il massimo impegno all’interno del gruppo S&D e l’ho fatto sempre con la mia indipendenza di pensiero ma, nell’ultima legislatura, ho notato che il gruppo S&D si era spostato su posizioni più radicali, posizioni che non mi appartengono. La scelta è stata difficilissima e sofferta, ma ho dovuto farla per mantenere coerenza dei miei valori e del mio impegno. Ho fatto una scelta che mi permettesse di poter avere, ed esercitare, quella libertà intellettuale che mi sempre caratterizzato e che ho trovato che il Ppe sia oggi l’ambito giusto per le mie posizioni”.