In Sicilia l’inquinamento non si ferma in superficie ma, infiltrandosi nel sottosuolo, arriva fin nelle falde acquifere. A maggior ragione se quest’ultime si trovano sotto aree a forte vocazione agricola. È quanto risulta dall’ultimo monitoraggio delle acque sotterranee condotto da Arpa Sicilia nel 2019.
“Il problema della contaminazione dei nitrati delle acque sia sotterranee sia superficiali – spiega al QdS Andrea Baglieri, professore associato di chimica agraria dell’Università di Catania – è un problema piuttosto vecchio che la Comunità europea ha cercato di contenere con la direttiva nitrati che nasce proprio dal rischio della contaminazione a causa dell’azione antropica di tipo agricolo. Altre cause sono gli scarichi civili e industriali non debitamente regimentati”.
Pur essendo un problema annoso che le istituzioni cercano di contenere da tre decenni, l’ultimo monitoraggio dell’Arpa Sicilia fornisce dei risultati particolarmente preoccupanti per quanto riguarda la contaminazione delle falde da nitrati. Nel 34% delle stazioni di monitoraggio siciliane, infatti, sono state registrate concentrazione medie annue di nitrati superiori a 50mg/l, il limite imposto dalla direttiva Ue 91/676/CEE recepita dall’Italia con il decreto legislativo numero 152 dell’11 maggio 1999. Vale a dire che più di una stazione su tre si trova in falde inquinate.
Il nitrato è un anione formato da azoto e ossigeno (NO3) molto utilizzato in agricoltura come fertilizzante sia in forma minerale che in forma organica. Essendo una molecola molto solubile a causa delle sue piccole dimensioni, il nitrato può facilmente raggiungere dal suolo le falde acquifere sotterranee, dove può accumularsi, facendo registrare concentrazioni superiori allo standard di qualità. Questa contaminazione si verifica maggiormente nelle aree più vulnerabili, individuate grazie alla cosiddetta direttiva nitrati.
“Le aree vulnerabili – spiega Baglieri – sono caratterizzate dalla presenza di particolari condizioni pedoclimatiche. Dal punto di vista del suolo hanno una tessitura molto grossolana con una scarsa capacità di trattenere acqua. Quando a questo si aggiungono eventi piovosi intensi, il rischio di lisciviazione dei nitrati risulta particolarmente elevato. Altra condizione di vulnerabilità è l’uso del suolo ai fini agricoli. Le zone più vulnerabili, infatti, sono quelle dove sono presenti coltivazioni o allevamenti intensivi”. La presenza di nitrati nelle falde acquifere determina un rischio ambientale molto elevato, a cui si potrebbe aggiungere anche un rischio per la salute umana.
Secondo gli ultimi dati a nostra disposizione, quelli del monitoraggio del 2019 dell’Arpa, le zone più inquinate della Sicilia sono proprio quelle a forte vocazione agricola. In particolare, i corpi idrici sotterranei dove è stata registrata una maggiore incidenza percentuale (oltre il 68%) di stazioni con una concentrazione media annua di nitrati superiore ai limiti imposti dalla legge sono: la piana di Vittoria, la piana di Marsala-Mazara del Vallo, la piana di Catania, la piana di Castelvetrano-Campobello di Mazara e la piana di Palermo. A destare maggiore preoccupazione per gli alti livelli di nitrati registrati nelle falde acquifere, tuttavia, è il corpo idrico sotterraneo in corrispondenza di monte Gallo, nel palermitano. Qui, la totalità delle stazioni di monitoraggio ha registrato livelli di nitrati superiori ai 100 mg/l. Nella piana di Marsala-Mazzara del Vallo, nel trapanese, il rapporto Arpa ha registrato concentrazioni di NO3 comprese tra i 50 mg/l e i 100 mg/l nel 50% delle stazioni di monitoraggio.
Nel restante 50% delle stazioni sono stati rilevati livelli di nitrati ben oltre il limite di legge (oltre i 100mg/l). Livelli molto preoccupanti anche nella piana di Vittoria, nel ragusano, in cui quasi il 70% delle stazioni sotterranee ha rilevato concentrazioni superiori allo standard di qualità. Nella piana di Catania, invece, sei stazioni su dieci hanno rilevato una quantità di nitrati compresa tra i 50 e i 100 mg/l, le restanti livelli superiori ai 100mg/l. Restando nella zona del catanese, anche nelle falde acquifere che si trovano sotto l’Etna sono stati registrati valori oltre i limiti di legge. In particolare, nella zona Est (nel 25% delle stazioni) e nella zona Ovest (quasi nel 35%). Corpi idrici sotterranei altamente inquinati anche nella zona di Pizzo Vuturo, in provincia di Palermo: il 100 per cento delle stazioni ha rilevato concentrazioni di nitrati oltre i limiti di legge.
Il report di Arpa Sicilia ha monitorato anche lo stato delle falde acquifere che si trovano in corrispondenza di zone designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano. In particolare, tutte le aree individuate dall’ex articolo 7 della direttiva comunitaria 2000/60/Ce. Il 58% delle stazioni di monitoraggio delle acque sotterranee dell’Arpa, infatti, si trova in questa tipologia di territori. Il risultato del rapporto, per quanto riguarda questo aspetto, è meno incisivo rispetto a quello effettuato nelle altre zone della Sicilia: nelle zone destinate al prelievo di acqua per il consumo umano “solo” il 18% delle stazioni ha individuato concentrazioni di nitrati nelle falde superiori ai limiti di legge.
Risulta evidente come le falde più inquinate siano quelle che si trovano sotto le aree a maggiore vocazione agricola dell’Isola. Correlazione che mette in evidenza l’elevato impatto ambientale delle aziende che ricadono in questi territori. “L’inquinamento da nitrati ha origine nell’utilizzo sbagliato dei concimi”, spiega al Quotidiano di Sicilia la professoressa Alessandra Gentile, ordinaria di Arboricoltura al dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università di Catania. “Con il recepimento della direttiva nitrati, ogni azienda deve redigere un piano di concimazione che deve consentire di calcolare in maniera corretta le unità di fertilizzante che devono essere date ad una determinata coltura, in un determinato ambiente. La direttiva da indicazioni precise su quelle che sono le quantità di concime da apportare nelle zone vulnerabili e su qual è la condizione perché si possa concimare in una certa maniera al fine di evitare queste problematiche. Però è una decisione della singola impresa come deve concimare e come deve gestire la sua azienda. È chiaro che c’è un problema di rispetto delle norme: bisogna seguire quello che è indicato nella direttiva. Ogni azienda ha il quaderno di campagna per registrare quello che fa. Lì c’è scritto tutto quello che le aziende dovrebbero fare per risolvere al meglio questa problematica”.
Nel fenomeno della contaminazione delle falde da nitrati, non è il sistema agricolo nella sua interezza a dover essere messo in croce, bensì le cattive pratiche che alcune aziende siciliane ancora conducono. “La direttiva nitrati indica che ci devono essere dei programmi di azione che prevedono delle pratiche agricole che gli agricoltori devono seguire. In particolare – spiega Andrea Baglieri – la quantità di azoto da apportare alle colture, nelle zone vulnerabili, non può superare i 170 chili ad ettaro. Nel caso di zone non vulnerabili questo limite raddoppia. Qualora l’agricoltore seguisse in modo esemplare le indicazioni dei programmi di azione limiterebbe fortemente il rischio di contaminazione. Tuttavia, purtroppo, il comportamento degli uomini non è sempre perfetto e non segue sempre le regole. Di conseguenza, in alcune zone siciliane le falde sono contaminate da nitrati”.
“Oltre al limitare l’utilizzo di concimi – prosegue -, esistono anche altre strategie che gli agricoltori potrebbero attuare. Bisognerebbe somministrare l’azoto nitrico solo quando la pianta ha bisogno di questo elemento, bisognerebbe limitare l’utilizzo di fertilizzanti azotati nei periodi ad elevata piovosità, bisognerebbe favorire lo sviluppo di cover crops (colture di copertura) soprattutto per le colture arboree, bisognerebbe posticipare l’aratura dei prati. Si potrebbe anche pensare ad un utilizzo di inibitori della nitrificazione, sostanze che inibiscono i micro organismi del suolo che determinano la trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico”.
Dati i livelli di inquinamento delle falde registrati in Sicilia, è chiaro che qualche azienda non rispetta le pratiche agricole utili alla riduzione della contaminazione di nitrati. Secondo il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino, tuttavia, è difficile che le imprese non rispettino la direttiva nitrati. “La normativa comunitaria ha sancito il principio secondo cui gli agricoltori che non rispettano determinati requisiti in materia di sanità pubblica, salute degli animali e delle piante, ambiente e benessere degli animali sono soggetti a riduzioni dei pagamenti o all’esclusione dal beneficio del sostegno diretto previsto dalla Pac. Questo principio, cosiddetto di condizionalità, fa parte integrante del sostegno comunitario nell’ambito dei pagamenti diretti”.
Inoltre, Pottino difende il comparto siciliano spiegando che “secondo la Corte di giustizia europea si è in presenza di un apporto significativo (di nitrati nelle falde, nda) quando l’agricoltura sia responsabile per il 17% dell’azoto totale in un determinato bacino in cui insistono anche insediamenti civili ed industriali. In assenza di questa dimostrazione, viene meno qualsiasi dovere in capo alle Regioni di estendere il perimetro delle zone vulnerabili e di adottare misure aggiuntive”.
La Regione, così come previsto dalla direttiva Ue, nel lontano 2007, con il Ddg n. 53 del 12/01/2007 e il Ddg n. 61 del 17/01/2007, ha individuato le zone vulnerabili da nitrati e definito un programma di azione obbligatorio regionale che le aziende agricole ricadenti in questi territori devono rispettare. Programma che, oltre a fissare degli obblighi nella gestione dei fertilizzanti e delle pratiche agronomiche, prevede anche la realizzazione, da parte delle imprese, di un piano di concimazione annuale da presentare alla Regione, che dovrebbe verificarne la regolarità.
L’unica azione di contrasto attualmente condotta da un Ente regionale sembrerebbe essere quella di Arpa Sicilia. “Abbiamo in fase di definizione con l’Autorità di bacino – dichiara Vincenzo Infantino, direttore Arpa Sicilia – un accordo per un progetto triennale destinato all’adeguamento dello studio delle pressioni e degli impatti sui corpi idrici marino-costieri, il rafforzamento del quadro conoscitivo sullo stato di qualità dei fiumi, laghi, invasi e corpi idrici sotterranei, per la definizione dello stato ecologico e dello stato chimico secondo le nuove direttive europee. Tutto ciò fornirà un quadro conosci-tivo necessario al miglioramento dello stato di qualità dei corpi idrici, alla ra-zionalizzazione dell’utilizzo della risorsa idrica e all’incremento dell’efficienza dei servizi idrici. Un grande passo avanti per la Regione siciliana”.
CATANIA – Per capire meglio l’impatto ambientale che i nitrati hanno sull’ambiente e sull’uomo, abbiamo intervistato la professoressa Margherita Ferrante, direttrice del laboratorio di Igiene ambientale e degli alimenti (Liaa) presso il dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e tecnologie avanzate dell’Unict.
Da cosa è determinato l’inquinamento da nitrati nelle falde acquifere siciliane?
“La qualità delle acque delle falde superficiali e profonde è determinata dalla loro capacità come molecole polari di trattenere in soluzione i composti che incontrano e che ne caratterizzano la composizione chimica e biologica, nonché le caratteristiche fisiche. Tali caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche derivano dai processi e dalle reazioni che avvengono con l’evaporazione e condensazione delle acque superficiali nell’atmosfera e con le successive precipitazioni al suolo (sotto forma di pioggia, grandine o neve) che infiltrandosi nel terreno vanno appunto ad alimentare le falde superficiali e profonde, riaffiorando poi come sorgenti in maniera naturale o estratta per mezzo di pozzi o altre opere di captazione. La composizione di un’acqua sotterranea, pertanto, ci racconta la sua origine e la sua storia, dandoci notizie del tipo di terreno o di roccia con cui è entrata in contatto e delle caratteristiche fisiche del sottosuolo, ma anche dei contaminanti che ha incontrato nel suo percorso sia in atmosfera che nel suolo. I nitrati si trovano naturalmente nell’ambiente (alcune rocce li contengono e li rilasciano in acqua) e sono nutrienti fondamentali per le piante, inoltre provenendo per ossidazione dallo ione ammonio possono essere presenti per motivi geologici (degradazione di materiale in via di fossilizzazione) ma possono provenire anche per dilavamento dei suoli agricoli dai fertilizzanti utilizzati in maniera inappropriata, dagli allevamenti zootecnici o per contaminazione da perdite e/o sversamenti illeciti da fosse settiche e fognature (per degradazione dai detersivi e dal materiale proteico contenuto in feci e urine). Lo sversamento in acque superficiali comporta, invece, l’eutrofizzazione un grave fenomeno che innesca processi degenerativi degli ecosistemi acquatici”.
Cosa comporta la presenza nelle falde di una concentrazione di nitrati superiore ai limiti previsti dalla legge?
“La presenza di nitrati nelle falde rappresenta un problema rilevante per la qualità delle stesse per vari motivi. In primo luogo, in quanto può fortemente limitarne il consumo ad uso umano. Le direttive europee stabiliscono il limite massimo di concentrazione di 50 mg/l di nitrati per definire il buono stato di qualità dei corpi idrici sotterranei; oltre questo limite lo stato dei corpi idrici è definito scarso e quindi bisogna intervenire con misure di risanamento per ridurre le concentrazioni dell’inquinante. Il limite per la qualità ambientale di 50 mg/l coincide con la concentrazione massima ammissibile per le acque destinate al consumo umano stabilito dal Dlgs 31/01 che tutela le acque ad uso potabile e quindi la salute della popolazione. In secondo luogo, perché può compromettere l’uso irriguo delle acque consentendo l’arrivo di eccessi di nitrati nelle acque superficiali. Alte concentrazioni di nitriti e nitrati nelle acque di irrigazione possono provocare nel tempo accumuli eccessivi sia nel suolo che nelle piante oltre che costituire una potenziale minaccia per le acque potabili. In terzo luogo, perché rendono necessari interventi di recupero spesso molto onerosi”.
Qual è il rischio per l’uomo se nelle risorse idriche ricadenti in aree designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano vi sono concentrazioni di nitrati superiori ai 50mg/L?
“Il rischio diretto per l’uomo è nullo, perché in nessun caso vengono erogate acque potabili con un valore di nitrati superiore a 50 mg/L. La legge lo vieta e le acque distribuite ad uso potabile sono rigidamente controllate. Inoltre, i nitrati possono essere ridotti o eliminati dalle acque potabili con trattamenti appropriati. Come già detto, purtroppo si limita l’acqua a disposizione, si richiedono interventi di recupero che possono essere costosi e si incrementa la contaminazione del suolo e delle acque superficiali”.
La contaminazione da nitrati delle falde acquifere può avere effetti negativi sulla qualità delle acque destinate all’irrigazione?
“L’eccesso di nitrati nelle falde può portare alla contaminazione anche di acque superficiali, ma la minaccia maggiore viene dalla contaminazione delle acque superficiali, compresi gli invasi ad uso irriguo, da parte di sversamenti illeciti o incidentali e di attività zootecniche non controllate”.
Cosa accade ad un prodotto agricolo se viene irrigato con un’acqua ricca di nitrati?
“I vegetali hanno grande necessità di un apporto di sali minerali adeguato a crescere bene e i nitrati fanno parte di questo tipo di Sali. Per evitare un eccessivo accumulo di nitrati non bisogna esagerare con i concimi azotati e con i concimi organici (letame, compost, sovesci). Poiché i nitrati ingeriti nell’organismo umano potrebbero trasformarsi in nitriti e quindi in nitrosamine, molecole potenzialmente cancerogene, c’è una certa preoccupazione. Molti studi internazionali hanno dimostrato però che se il prodotto è fresco, correttamente conservato e trasformato i rischi sono bassissimi anzi dimostrano come il consumo di ortaggi freschi riduca il rischio di tumore perché il loro contenuto di vitamine e fenoli in genere ha un forte effetto antiossidante”.
Intervista a Giovanni Vacante, dirigente Uoc Acque interne, suolo e biodiversità di Arpa Sicilia
A breve, l’Arpa Sicilia pubblicherà un nuovo rapporto sullo stato di inquinamento delle acque sotterranee. A comunicarcelo è stato il dirigente dell’Uoc Acque interne, suolo e biodiversità dell’Ente, Giovanni Vacante.
L’ultimo report da voi emanato risale al 2019, ci sono dati più aggiornati?
“I dati più aggiornati e validati in possesso dell’Arpa Sicilia riguardano la campagna di campionamento effettuata nel 2020, i cui risultati saranno a breve pubblicati. Questi ultimi, insieme a quelli che saranno acquisiti nel periodo successivo, verranno utilizzati nella redazione della relazione quadriennale (2020-2023)”.
Cosa comporta la presenza di nitriti e nitrati nelle acque sotterranee?
“La presenza di nitrati nelle acque oltre i limiti di legge, ma soprattutto la loro eventuale tendenza all’aumento, rappresenta uno degli aspetti più importanti dell’inquinamento ambientale. I nitrati sono ioni dotati di elevata solubilità che diventano molto mobili nel terreno con il drenaggio raggiungendo celermente le falde acquifere. Una volta raggiunta la falda, la qualità dell’intera risorsa viene compromessa. L’Arpa determina la concentrazione dei nitrati nelle acque e la utilizza, insieme ad altri parametri, per l’attribuzione della classe di stato chimico delle acque sotterranee. La concentrazione dei nitrati influenza, a sua volta, il giudizio di qualità ambientale sullo stato complessivo della risorsa idrica. Attraverso tale giudizio è possibile individuare le azioni di risanamento da porre in essere mediante gli strumenti di pianificazione regionale ed il successivo programma di monitoraggio”.
In alcuni casi le acque in cui sono presenti nitriti o nitrati sono adibite al consumo umano. In che rischio incorre chi ingerisce queste acque?
“La concentrazione naturale di nitrati nelle acque sotterranee in condizioni aerobiche è di pochi milligrammi per litro e dipende fortemente dal tipo di suolo e dalla situazione geologica nei quali esse si trovano. L’Oms stima che il contributo dell’acqua potabile all’assunzione di nitrati è generalmente inferiore al 14%. La tossicità del nitrato (ad alte concentrazioni) per l’uomo è principalmente attribuibile alla sua riduzione a nitrito. L’effetto biologico del nitrito nell’uomo è il suo coinvolgimento nell’ossidazione della normale emoglobina in metaemoglobina, che non è in grado di trasportare ossigeno ai tessuti. Se l’emoglobina non viene ripristinata, il ridotto trasporto di ossigeno provoca cianosi e altri gravi sintomi. Diversi studi sembra abbiano dimostrato che l’assunzione di nitrati e nitriti ad elevate concentrazioni può originare negli animali sostanze cancerogene e mutagene”.
Quali azioni mettete in campo per la risoluzione della problematica?
“L’eventuale presenza oltre i limiti di legge di nitrati nelle acque sotterranee nel periodo di riferimento, fa scattare l’individuazione di zone vulnerabili da nitrati di origine agricola da parte della Regione nel territorio che costituisce il bacino di ricarica delle falde. In tali zone, oltre a ricercare le pressioni che hanno determinato l’impatto, la Regione impone ad esse specifiche ed appropriate misure tese a ridurne l’entità e, quindi, l’apporto. Queste misure riguardano principalmente la limitazione dell’impiego in agricoltura di tutti i fertilizzanti azotati e dei concimi organici animali”.
Che impatto ha l’irrigazione agricola in questo fenomeno?
“L’impatto dell’irrigazione è importante. I nitrati, come citato prima, sono sostanze ad elevata solubilità e si muovono nel suolo attraverso la soluzione circolante. La presenza in notevole quantità di nitrati nel suolo da sola non basta per determinare l’inquinamento delle falde. Esso è innescato dall’apporto di acqua che può avere due origini: dalla pioggia e/o dall’irrigazione dei campi. Per questo motivo, insieme al razionale impiego dei fertilizzanti azotati e organici ed altri sistemi di coltivazione che limitano i fenomeni di ruscellamento e percolazione, adottare un adeguato sistema di irrigazione con modalità, tempi e volumi di adacquamento appropriati, consente di ridurre le perdite di azoto per lisciviazione e previene il suo trasporto nelle acque di deflusso superficiale e l’accumulo nelle falde profonde”.