Editoriale

C’è chi abolisce la povertà: la propria

Sembra incredibile ascoltare tanti soloni in radio e televisioni o leggerli su giornali e siti che pontificano e spiegano per filo e per segno come fare per abolire la povertà. Sembrano tanti “Wanna Marchi” perché sono convincenti, assertivi e quasi persuasivi.
La questione è: dall’altra parte c’è chi si fa convincere da tutte le argomentazioni che per molti versi sono destituite di fondamento? E chi si fa convincere? Coloro che non hanno in sé stessi gli strumenti culturali per esaminare i messaggi che ricevono, valutarne i contenuti e decidere se essi siano reali ovvero fandonie.

La differenza sta proprio nella qualità di chi ascolta e nelle sue capacità di valutazione in base alle cognizioni che possiede. Il che si può sintetizzare nella rituale frase, che vi propino spesso: “C’è chi pensa con la propria testa e chi con la testa degli altri”.
Ed è proprio a causa della povertà mentale di molti soggetti che si continuano a raccontare le favole, come in Le Mille e una notte con Sherazade e Ali Babà.

Prendiamo Luigi Di Maio, verso il quale abbiamo ovviamente rispetto come persona e che qui citiamo solo come soggetto pubblico. È stato ministro, tra l’altro degli Esteri, e si è costruito una vasta rete di conoscenze, per cui, quando è uscito dal Movimento 5 stelle, l’Unione europea lo ha nominato suo rappresentante speciale per la regione del Golfo.
Già come deputato e come ministro guadagnava parecchi soldi, ma oggi, che non ricopre nessuna delle due cariche, probabilmente guadagna abbastanza con questo nuovo incarico europeo. Cosicché lui ha abolito la povertà: la propria.

E che dire di Matteo Renzi, un funambolico personaggio dotato di vasta intelligenza e di grande capacità comunicativa. Ricordo il duello televisivo contro il rivale Pier Luigi Bersani per accedere alla carica di segretario del Partito democratico, che vinse sessanta a quaranta. Poi rassicurò Enrico Letta, in quel momento in carica come presidente del Consiglio in quota dem, con la famosa frase: “Enrico stai sereno”. Subito dopo lo esautorò e andò a prendersi il ruolo di premier.
Il referendum costituzionale fu la sua trappola, che perse clamorosamente, forse per ingordigia.
Anche Renzi, nella sua qualità di presidente del Consiglio, ha intrecciato notevolissime relazioni internazionali e oggi è consigliere dell’emiro del Kingdom of Saudi Arabia, Bin Salman, dal quale riceve notevoli compensi, del tutto leciti e tassabili, tant’è che l’anno precedente la sua dichiarazione ha superato i tre milioni di reddito.

Una persona leale col Fisco, che nella sua vita non ha mai fatto altro che politica da quando aveva i pantaloni corti, il che non è disdicevole, ma bisogna prendere atto che questa non è un’attività culturale né un’attività economica che produca ricchezza.
Anche Renzi ha abolito la sua povertà da ragazzo, ma non riesce a debellare la povertà che c’è nel nostro Paese.

Vogliamo parlare di un terzo personaggio, ormai non più alla ribalta politica, che è Angelino Alfano, più volte ministro, che è riuscito a realizzare numerose e proficue relazioni.
Quando si parlò di Alfano come il più probabile delfino di Berlusconi, il Cavaliere esclamò: “Ma non ha il quid”. Nessuno ha mai saputo cosa fosse il quid, ma la realtà ha certificato che Alfano uscì dall’allora Pdl, poi tornato a essere Forza Italia.

Oggi costui occupa posti di responsabilità nel settore sanitario, essendo presidente di un gruppo importante, e sembra che in questo lavoro sia apprezzato, per cui anch’egli ha raggiunto l’obiettivo di combattere e vincere la propria povertà.

Intendiamoci, questo editoriale non sembri contrario a tutti quelli che emergono e riescono a crearsi una certa posizione economica; anzi ritiene di dar merito a chi progetta e realizza i propri obiettivi. Tuttavia, non possiamo negare che una cosa è fare giochi di artifizio, raccontare favole, spiegare al colto e all’inclita cose magari inesistenti e guadagnare denaro; altra cosa è produrlo concretamente con idee, fatica, intelligenza e cultura.

Non sappiamo quanti cortesi lettori saranno d’accordo con quanto prospettato, tuttavia ci permettiamo di raccomandare una seppure breve meditazione per capire se chi sta ai vertici istituzionali l’ha meritato oppure, semplicemente, vi è stato collocato.