Potrebbe essere un film di Sergio Leone, con Charles Bronson che suona l’armonica, ma è invece una storia più seria, a volte anche drammatica. È la Storia della DC, in particolare di quella siciliana, ricostruita con seria onestà intellettuale da uno storico dirigente comunista, Elio Sanfilippo.
Forse solo un comunista poteva parlare sostanzialmente bene di una lunga storia politica, senza essere subito rimbrottato o perfino perseguitato. C’è un silenzio assordante, una cancel culture, ormai in Italia sul più grande partito popolare di massa che sia apparso in questo Paese. La DC fu una storia siciliana, perché qui è nata, e da qui ha influenzato l’Italia, nel bene e nel male. Da qui proviene il due volte Presidente della Repubblica. E qui fu spazzata definitivamente via la DC nel 92, con le stragi. Perché?
Perché la mafia aveva deciso di eliminarla per sostituirla, una strategia che viene da lontano, dalla fine degli anni ’70, con l’avvento dei corleonesi, che non volevano più essere intermediati, tenuti a bada, perfino comandati dalla politica. Volevano loro fare politica, dopo essere diventati potere finanziario e potere militare. Riina&soci volevano il potere totale: non era bastato alzare fino a Milano la linea della Palma; volevano la giungla, quella del più forte, la loro. E c’era un ostacolo, la DC, e doveva essere eliminata, in una maniera o in un’altra, col tritolo o col kalashnikov, con i falsi pentiti come con Mannino, trent’anni di processi, una vicenda esemplare in tutto l’Occidente di malagiustizia.
Calogero Mannino, alla presentazione nella sede della Fondazione Banco di Sicilia del libro di Sanfilippo, è preciso e tagliente, e per la prima volta parla del suo rapporto con Falcone, e apre scenari inediti. Come sorprendente è la sostanziale difesa dell’assessore, l’inciuria rimane, Avvocato Caleca di Salvo Lima, che nel libro viene diversamente dipinto rispetto alla narrazione canonica. La quale, quella ufficiale urbi et orbi, è stata per trent’anni non quella del soglio di Pietro, ma di quello della Procura di Palermo, con innumerevoli processi, trattative infinite, Torquemada che si sono avvicendati, che hanno fondato partiti o ne influenzano altri.
La DC doveva essere uccisa, e con lei i suoi uomini, Michele Reina, Piersanti Mattarella, Peppuccio Insalaco, Salvo Lima, e in altro modo Nicoletti e Mannino. C’è una scena terribile che mi ha raccontato uno dei più autorevoli esponenti del partito Stato. Davanti palazzo delle Aquile, il giorno della camera ardente di Michele Reina, Peppuccio Insalaco, stravolto, uscì dal portone e vedendo il gruppo dei maggiori rappresentanti del partito esclamò: “Ci uccideranno tutti”. E tutti quelli di quel gruppo furono fatti fuori. La DC palermitana comandava la Sicilia, e decideva pure nella DC romana. Nessuno diventava segretario della DC senza i siciliani. Se uccidevi i democristiani siciliani facevi fuori la DC. E la potevi sostituire con qualcos’altro.
Così è se vi pare.