Lavoro

Cgia di Mestre: “In Sicilia record di disoccupati, saranno 12mila in più”

PALERMO – La crisi imperversa, e sempre più siciliani nell’anno in corso rimarranno senza lavoro. I dati elaborati dalla Cgia di Mestre su dati Prometeia mostrano come sia stimato che dal 2022 al 2023 i disoccupati cresceranno di quasi 13 mila unità, passando da 272.632 a oltre 285 mila, con una variazione percentuale del 4,7%. La Sicilia si trova così in cima alla classifica italiana, seguita dal Lazio, di poco sotto, e dalla Campania, che segna circa 11 mila disoccupati in più.

Dall’altra parte dell’elenco, con numeri negativi, l’Umbria, che segna una riduzione del 3,5%, la Lombardia, a -0,2%, e il Friuli Venezia Giulia, a -1,1%. In termini di compartimenti territoriali, è proprio il Mezzogiorno a segnare il maggior numero di persone che perderanno il proprio impiego, con una percentuale del +3,8%, seguito dal Centro, a +3,7%, il Nord Est, a +2,2% e poi il Nord Ovest, a +1,2%. La percentuale della disoccupazione generale per la penisola è del 3,1%. Il Centro-Sud sarà la ripartizione geografica più “colpita”: l’incidenza della sommatoria dei nuovi disoccupati di Sicilia (+12.735), Lazio (+12.665) e Campania (+11.054) sarà pari al 58% del totale nazionale.

Se si guarda più nello specifico ai dati provinciali, ben tre delle prime dieci sono siciliane: Messina, con 2.346 nuovi disoccupati e un aumento in percentuale del 5%; Catania, 2.266 disoccupati e il +4,9% e poi Siracusa, +2.045 e +7,1%. Al primo posto assoluto si trova invece Napoli, che segna il maggior numero in termini assoluti ma in percentuale si ferma al 2,5%. La provincia che invece si trova in fondo alla classifica è Milano, che segna una percentuale in negativo dell’1,3%.

Rispetto al 2022 la crescita del Pil e dei consumi delle famiglie è destinata ad azzerarsi – scrivono dalla Cgia Mestre – e ciò contribuirà a incrementare il numero dei disoccupati, almeno di 63 mila unità. Il numero complessivo dei senza lavoro in Italia, infatti, nel 2023 sfiorerà la quota di 2.118.000”. Sebbene non sia per nulla facile stabilire in questo momento i settori che nel 2023 saranno maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, prosegue la Cgia “pare comunque di capire che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire dei contraccolpi occupazionali, mentre le imprese più attive nei mercati globali tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda saranno meno esposte”.
Non solo, stando al sentiment di molti esperti e di altrettanti imprenditori con cui la Cgia di Mestre si è consultata, altre difficoltà interesseranno i trasporti, la filiera automobilistica e l’edilizia, quest’ultima penalizzata dalla modifica legislativa relativa al superbonus, potrebbero registrare le perdite di posti di lavoro più significative. La chiusura di tantissime piccole attività economiche è riscontrabile anche a occhio nudo.

“Il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte – dicono dalla Cgia -. Le chiusure stanno interessando sia i centri storici sia le periferie delle nostre città, gettando nell’abbandono interi isolati, provocando un senso di vuoto e un pericoloso peggioramento della qualità della vita per chi abita in queste realtà. Meno visibile, ma altrettanto preoccupante, sono le chiusure che hanno interessato anche i liberi professionisti, gli avvocati, i commercialisti e i consulenti che svolgevano la propria attività in uffici/studi ubicati all’interno di un condominio”.