Ammontano a quasi 5 miliardi di euro le risorse sottratte alla Sicilia dal governo Meloni. A fare il punto della situazione al chiudersi dell’anno è la Cgil Sicilia che ha presentato un dossier dal titolo “Governo Meloni, quanto ci costi”.
Il conto del sindacato è presto fatto: si arriva a oltre 4,8 miliardi con i tagli al Pnrr, pari a più di due miliardi e 400 milioni, in controtendenza con la situazione nazionale che vede invece crescere, con la revisione approvata dal Consiglio europeo, le risorse dell’1,73% (oltre 3 miliardi). Sommando a questi la decurtazione del Fondo di sviluppo e coesione per 1 miliardo e 400 milioni, destinati ab origine a infrastrutture, dissesto idrogeologico e e interventi di coesione sociale e dirottati a finanziare il Ponte sullo Stretto e aggiungendo il taglio al reddito di cittadinanza che non farà arrivare nell’Isola 614 milioni, il mancato gettito fiscale pari a 150 milioni di risorse che lo Stato avrebbe dovuto trasferire alla Sicilia e inoltre, i 150 milioni in un triennio come risarcimento dei costi dell’insularità, previsti dal Def di aprile e scomparsi nella Finanziaria.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
“Il Governo taglia”, ha detto il segretario generale Alfio Mannino, “peraltro nel silenzio e con l’assenso del Governo regionale, impegnato solo a occupare spazi di potere. Inevitabile a questo punto la mobilitazione – ha sottolineato il segretario della Cgil – per difendere e affermare i principi della nostra Costituzione in Sicilia ampiamente traditi, a partire dai diritti al lavoro e alla salute. Una mobilitazione alla quale sollecitiamo a partecipare il più ampio fronte di soggetti e associazioni”.
“Il taglio di oltre 4,8 miliardi”, ha rilevato, “conferma che siamo in presenza di un Governo che non guarda alla fragilità economica e sociale della Sicilia e del Mezzogiorno. Inoltre, se va in porto l’autonomia differenziata, la Sicilia perderà un ulteriore miliardo e mezzo l’anno”.
Il sindacato punta il dito sul taglio da 1,1 miliardi che interessa le infrastrutture ed evidenzia come risultino definanziati integralmente la voce per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (erano previsti 84 milioni di euro), interventi per la resilienza energetica dei Comuni (si perdono 328 milioni) e gli investimenti per la rigenerazione urbana (444 milioni di euro).
Il sindacato ricorda nel dossier che “il reddito medio lordo disponibile in Sicilia è di 14.764 euro annui, tra i più bassi d’Italia ( media nazionale 19.753 euro)” e che “la Sicilia è la seconda regione per bassa intensità di lavoro (dato 2021): in molte famiglie cioè si lavora un numero di mesi inferiore a quello che si dovrebbe”.
Il dossier fa anche il punto sulle carenze del sistema sanitario, con meno posti letto rispetto al resto d’Italia, meno infermieri, un tasso di emigrazione sanitaria in altre regione del 6,2% e una quota di persone che rinuncia alle cure, principalmente per motivi economici o per le difficoltà di accesso al servizio, pari al 7,2%.
”Paradossalmente – ha detto Francesco Lucchesi, segretario confederale Cgil – la Sicilia mostra uno svantaggio anche per la minore produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Per non parlare dei trasporti con oltre il 37% delle famiglie che lamenta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici nelle zone di residenza”.
E “mentre in Sicilia la percentuale di binari non elettrificati supera il 40%, le reti idriche sono un colabrodo e le altre infrastrutture non se la passano meglio – ha aggiunto Lucchesi – il Governo taglia. Arriva pure a tagliare sulla riqualificazione dei beni confiscati alla mafia”.