ROMA – Importante Ordinanza della Corte di Cassazione riguardante l’impugnabilità degli atti “non tipizzati”, ossia quelli diversi dagli atti “impugnabili” espressamente indicati nell’articolo 19 del Decreto legislativo n. 546 del 1992.
L’Ordinanza in commento è la n. 17300 depositata in data 24 giugno 2024. In tale occasione i Supremi giudici hanno affermato che il ricorso contro un atto non espressamente indicato nel citato articolo 19 non è vietato (è facoltativo), fermo restando l’obbligo di proporre ricorso avverso l’eventuale successivo atto “tipizzato” (come la cartella di pagamento) se notificato a seguito del mancato pagamento delle somme richieste con il precedente atto.
Secondo i Giudici di legittimità, l’elencazione degli “atti impugnabili” di cui all’articolo 19 più volte citato, pur se tassativa, va interpretata in senso estensivo, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della pubblica amministrazione. Nel caso oggetto della citata ordinanza, il tributo richiesto era la Tia e l’atto contro il quale il contribuente aveva fatto ricorso era la fattura, un documento che non si rinviene tra quelli “ricorribili” a norma dell’articolo 19 del Dlgs 546/92. Ma, secondo la Cassazione, tale ricorso non è vietato. Tuttavia, qualora l’Ente impositore dovesse notificare il successivo atto, scatta l’obbligo di impugnare anche quest’ultimo, pena il consolidamento della pretesa tributaria, pretesa la quale, pertanto, in questo caso diventa definitiva per mancata impugnazione.
La questione affrontata e decisa dalla Corte di Cassazione è molto importante in quanto il principio dell’impugnabilità facoltativa di atti non tipizzati (quelli non espressamente indicati nell’articolo 19 del Decreto sul Contenzioso Tributario) può essere esteso a tutti gli altri casi in cui l’atto “impugnabile” viene essere preceduto da un avviso bonario.
Proprio come gli avvisi bonari conseguenti ai controlli automatici e formali di cui agli articoli 36 bis e 36 ter del Dpr 600/73 e 54 bis del Dpr 633/72. Anche in questo caso, infatti, secondo lo stesso principio enunciato dalla Corte di Cassazione, potrebbe essere impugnato l’“avviso bonario”, fermo restando l’obbligo di impugnare la Cartella di pagamento qualora l’Ente impositore dovesse insistere nella sua pretesa proseguendo attraverso il consueto iter di riscossione.