“Io l’ho sempre detto e lo ripeto per l’ennesima volta: sono le ultime vere maschere italiane. Quindi, celebriamoli da vivi, perché in Italia si arriva sempre dopo”. Era il 1989 e dal palco del Teatro Parioli in Roma, Maurizio Costanzo così intercalava uno dei tanti loro siparietti. Ma è esattamente in quel trentacinquennale di un sodalizio artistico iniziato nella Palermo della metà degli anni Cinquanta, che a uno dei due cade in testa un’autentica tegola: avviso di garanzia per associazione mafiosa. Non esattamente un’accusa per furto di polli. Uno dei due trascorre tre anni di calvario tra i gangli della gogna giudiziaria e mediatica finché il 9 dicembre 1992 muore a soli 64 anni. I due di cui stiamo parlando altri non sono che Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Quest’ultimo, se fosse ancora tra noi e non avesse raggiunto ormai da 19 anni l’amico (prima ancora che collega) di una vita, oggi avrebbe compiuto 100 anni tondi tondi.
Questa è una storia che inizia, dunque, esattamente un secolo fa, a Palermo, il 5 ottobre 1922. Una storia che oggi ripercorriamo con il figlio di Ciccio, il noto attore Giampiero Ingrassia.
Fin da subito, il figlio di Ciccio Ingrassia ci aiuta a fugare un dubbio: come mai alcune biografie riportano il 5 ottobre 1923?
“Papà amava scherzare su questa cosa. L’equivoco nacque da un errore anagrafico commesso da un giornalista. Papà, però, disse che non importava: guadagnava un anno. Un ‘gioco’ andato avanti per molto tempo, finché a un certo punto non disse la verità in pubblico: era nato nel 1922”.
Giampiero, che ha intrapreso il percorso professionale del padre Ciccio, di recente ha affermato di provenire da una famiglia tradizionale, ancorata sui valori (e non poteva essere altrimenti: Ciccio Ingrassia e l’amata moglie, Rosaria Calì, scomparsa a 93 anni nel 2019, hanno trascorso oltre quarant’anni di vita insieme) e che il duo Franco e Ciccio è veramente venuto dalla gavetta, conoscendo anche la povertà (Ciccio Ingrassia era il quartogenito di una numerosa famiglia di uno dei quartieri più popolari di Palermo, il Capo).
Giampiero si sente fortunato: “Ho sempre avuto le spalle coperte e, nella vita, ho potuto scegliere cosa fare”. Seguire le orme paterne, appunto.
Qualora, però, non lo avesse fatto, quale percorso professionale avrebbe intrapreso? “Io ho frequentato il liceo classico dopodiché mi sono iscritto a Giurisprudenza. Una scelta, però, dettata, più che per convinzione, dal fatto che molti miei amici fecero quello. Tuttavia, mi resi presto conto che non era quello il mio futuro: ero attirato dal mondo dello spettacolo, del teatro, del cinema, dell’arte; timbrare un cartellino e sedermi dietro a una scrivania otto ore al giorno sentivo che non faceva per me. Avevo bisogno di qualcosa che stimolasse la mia creatività. Così eccomi attore, come papà”.
Uno degli aspetti rimasti proverbiali della vita artistica di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sono stati i loro litigi. L’ultimo (ma palesemente “costruito”), addirittura prima che Franco morisse: una baruffa in diretta su Raidue, una domenica pomeriggio, in una trasmissione condotta dall’indimenticata Raffaella Carrà. È scontato domandarsi quanto questo rapporto “conflittuale” fosse autentico o, viceversa, facesse parte dei personaggi.
“Discussioni e allontanamenti ce ne sono stati: a partire dagli inizi degli anni Settanta almeno un paio, seppur non continuativi. Tuttavia, non era questione di competitività: si trattava di pareri diversi sulla coppia. Papà era più riflessivo, Franco più istintivo. Papà, ad esempio, diceva: ‘Non facciamo tanti film in un anno, prendiamoci delle pause, scegliamo un soggetto che ci piaccia, una sceneggiatura bella’. Franco, invece, avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avessero proposto. Questa l’unica vera ragione sottostante ai cosiddetti ‘litigi’. Che poi tali non erano: anche nei periodi in cui hanno intrapreso percorsi artistici differenti – durante i quali papà, ad esempio, ha interpretato ruoli drammatici che nulla c’entravano con il cliché comico della coppia Franco e Ciccio – hanno continuato a sentirsi e telefonarsi”.
Sul fatto che l’amicizia Franco e Ciccio fosse costruita su basi solide, non ci sono dubbi. Difficilmente un amico, se non vero e autentico, quando Franco Franchi nel 1989 incappò in quel bruttissimo guaio giudiziario, avrebbe dichiarato, come ha fatto Ciccio Ingrassia: “Franco persona di rispetto? Se lui è colpevole, allora sono colpevole anch’io. E sono colpevoli tutti gli altri attori del cast ‘Panna cioccolata e paprica’ – prodotto dai Greco – che hanno partecipato alla festa di Catania per presenziare all’anteprima del film. Non capisco perché conoscere gente in odore di mafia possa costituire un reato. Quanto ai Greco, il figlio del cosiddetto Papa che era il produttore del film, noi all’epoca non sapevamo chi fosse”.
“Sapevamo quanto ci bastava: che era un produttore palermitano disposto a finanziare il film. Quando lo sentirò gli dirò: fai incolpare anche me. Quella sera, a Catania, c’ero anch’io insieme con tutti gli altri colleghi”. Molto più che un endorsement. Tra l’altro, quello stesso mondo mafioso che negli anni Sessanta, periodo di punta della loro produzione cinematografica (nel solo 1964 uscirono con oltre venti film in dodici mesi, “ma senza che per questo facessero mancare la loro presenza in famiglia”, precisa Giampiero), sbeffeggiarono satiricamente (“L’onorata società” o “I due mafiosi”).
Alla morte di Franco Franchi, dopo quel maledetto 9 dicembre 1992, qualcuno scrisse che la volpe (Ciccio Ingrassia) del film “Le avventure di Pinocchio” era rimasta senza il gatto, interpretato appunto da Franco.
Una “volpe” che, sebbene sia sopravvissuta altri dieci anni, ha deciso di defilarsi sempre più dalle scene, fino a sparire definitivamente gli ultimi due anni. E manifestando, nell’immediato (correva l’anno 1994), anche in un libro, quanto l’amico e collega gli mancasse. Giampiero conferma: “Quando è morto Franco a papà è passata la voglia di recitare. Diceva sempre: quello che dovevo fare l’ho fatto. E ha deciso di uscire di scena, gradatamente, prima di diventare ‘invecchiato'”.
Questo viaggio lo concludiamo come lo abbiamo iniziato: Franco e Ciccio le ultime vere maschere italiane. Ma oggi, ovviamente mutatis mutandis, esistono delle maschere moderne a loro equiparabili?
Giampiero Ingrassia non ha dubbi: “Oggi ci sono un sacco di coppie della comicità italiana. Mi vengono in mente ad esempio (oltretutto sono siciliani) gli amici Ficarra e Picone. Tuttavia, credo che qualsiasi paragone non sarebbe giusto. Oggi la comicità è cambiata, siamo cambiati noi. Tutti gli attori di quel periodo, da Mastroianni, a Sordi, fino a mio padre e Franco, fanno parte di un Olimpo che, penso, oggi non esista più. È cambiato il mondo e sono cambiati i gusti. All’epoca, in cui c’erano due canali televisivi e tutti stavano incollati alla tv in bianco e nero, diventavi famoso in quel modo. Oggi la celebrità è misurata in numero di followers. All’epoca era una comicità più artigianale. Ma, come tutte le cose artigianali, durano e restano scolpite nel tempo”.
Fonte immagine: Facebook – Ricordo Ciccio Ingrassia