Cina, Singapore, Vietnam? Dittature ma con merito

Gli ultimi Paesi comunisti ancora esistenti sono la Cina, il Vietnam (ormai riunito dopo la ritirata degli Stati Uniti), il Nord Corea e Cuba. Vi è un quinto Paese dell’Oriente che non è comunista ma è gestito in forma dittatoriale ed è Singapore.
Non vogliamo accennare a Cuba e Nord Corea che sono in condizioni economiche e sociali disastrate, per quanto il dittatore di quest’ultima, Kim Jong Un, mostri i muscoli con parate militari. Ma è nota la povertà della popolazione.
Vogliamo invece sottolineare la capacità dei primi tre Paesi di svilupparsi in maniera notevole.
Singapore, poco più di 50 anni fa, era un territorio fatto da moltissime isole in cui vi era solo foresta. Un suo figlio geniale, Lee Kuan Yew, mise in atto un progetto ambizioso e cioè fare studiare, a cominciare da bambini, i giovani più talentuosi, pagando le relative spese con le casse pubbliche, per altro allora poverissime. Così, formò una classe burocratica di prim’ordine.
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Singapore ha prosperato perché oggi ha la migliore burocrazia del mondo. Quando la macchina burocratica funziona, anche l’economia funziona, con la conseguenza che il reddito procapite di quel Paese (circa 5 milioni di abitanti) è il più alto del mondo: 90mila dollari.
Se lo paragoniamo a quello svizzero (75mila franchi) e a quello italiano (26mila euro), la figuraccia è assicurata. Oggi Singapore è lo Stato più attrattivo del mondo. Colà hanno sede tutte le più grandi multinazionali perché hanno trovato un sistema pubblico eccezionale che serve le imprese in maniera puntuale ed efficace.
Il Vietnam ha seguito una strada diversa in quanto il Partito comunista regola tutta la società. Però, quei dirigenti sono illuminati perché hanno spinto il Paese verso un traguardo di sviluppo adottando riforme e puntando su conoscenze e formazione costante.
è vero, là non vi sono diritti politici, però chiunque voglia intraprendere iniziative imprenditoriali può farlo senza ostacoli, anzi è supportato da una burocrazia che non dibattendosi in un processo democratico punta a crescere.
Ovviamente, le distorsioni del sistema sono conseguenti.
E veniamo al colosso cinese. Un Paese che ha cinquemila anni di vita, antichissimo, ancor più del continente europeo, Grecia compresa, di cui abbiamo notizie solo da ventisette secoli.
In Cina, il Partito comunista ha festeggiato il centesimo dalla sua fondazione. Là in quarant’anni lo sviluppo economico è stato enorme, tant’è che il Pil nazionale tallona quello degli Usa e, secondo le previsioni dei maggiori economisti mondiali, lo supererà entro il 2030.
I due colossi si sono annusati in mezzo secolo ma non hanno mai sviluppato relazioni per ragioni di politica interna. Tuttavia, ricordiamo il viaggio del presidente Richard Nixon (1972) che incontrò l’allora dittatore Mao Tse Tung (1893-1976).
Da allora molte lune sono sorte e hanno visto succedere a Mao, Hua Guofeng e infine arriviamo alla leadership dell’attuale: Xi Jinping il quale ha festeggiato il citato anniversario con la divisa di Mao, per ricordarne la continuità.
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Anche in Cina vige la regola che chiunque può avviare attività economiche, svilupparsi e diventare anche miliardario, a condizione che non si “intrometta” in questioni politiche ove il Partito-Stato, retto da pochi uomini (non ci sono donne), stabilisce le linee guida e la direzione.
Zeng Yuqun, fondatore di Catl, è il primo miliardario della Cina perché ha capito prima degli altri come il nuovo business mondiale sia la produzione di batterie litium-ion phosphate, che tagliano i costi di produzione delle auto.
Zeng ha superato per ricchezza l’atro grande miliardario, Jack Ma, fondatore di Alibaba. Ma Jack Ma ha commesso l’errore di cominciare a parlare di libertà ed altri ammennicoli vari, con la conseguenza che il Partito comunista gli ha messo la museruola.
I tre Paesi che vi abbiamo menzionato (non per la prima volta) ci hanno fatto sorgere il dubbio, se la Democrazia sia il miglior sistema per la evoluzione di un Popolo.
Siamo convinti che è così, salvo quando essa è malata, molto malata, come quella italiana.