TENET
Regia di Christopher Nolan. Con John David Washington (il Protagonista), Robert Pattinson (Neil), Kenneth Branagh (Andrei Sator), Elizabeth Debicki (Kat).
Usa 2020, 150’.
Distribuzione: Warner Bros Italia
Cieli nuvolosi, esterni lividi, interni minacciosi come bunker, illuminati con luci fredde. Se in “Tenet” l’oscuro pericolo arriva dal futuro e viaggia oltre il tempo e lo spazio, il presente messo in scena da Christopher Nolan sembra già identificarsi con un moto centrifugo che annulla le gerarchie geopolitiche, rende indistinguibili le masse e lascia emergere dallo sfondo solo poche figure peraltro costrette all’anonimato.
È il caso del Protagonista, agente della Cia cui la sceneggiatura non fornisce nemmeno un’identità anagrafica e che nei primi venti minuti osserviamo, facendo fatica a prendere fiato, mentre sventa un attentato terroristico in un teatro dell’opera, viene minacciato di tortura da parte di militari russi e tenta il suicidio, dimostrando competenze e valori non comuni.
In costante e delicato equilibrio tra azione, spionaggio e fantascienza, la regia dissemina simboli e archetipi, provando ad assorbire e restituire in termini di rappresentazione e atmosfere l’entropia di non luoghi dove la vita si configura come un transito ininterrotto da un luogo a un altro, da un sé a un altro sé.
Talvolta maggiormente esibita, altre volte nascosta anche entro futuristici dettagli scenografici (per esempio la macchina del tempo), emerge come chiave di lettura la figura del cerchio, priva di inizio, fine e direzione, palindroma come il titolo del film. Una gabbia, topos autoriale che, qui come altrove, può essere spezzata solo invertendo il primato della cultura sulla natura alla base della formazione umana e dando libero sfogo alla barbarie primigenia dell’istinto di sopravvivenza.
Nel segno di Hans Zimmer, le musiche catartiche composte da Ludwig Göransson svolgono funzione narrativa, sono onnipresenti, emotive, molte volte didascaliche. Ma è dal punto di vista prettamente visivo che il film pretende maggiore attenzione. Per tempi, inquadrature e cura degli effetti sonori, la sequenza dello schianto dell’aereo è impressionante e il corpo a corpo a seguire avanti e indietro nel tempo qualcosa di oggettivamente mai visto prima.
La seconda parte, costruita in montaggio alternato e con conto alla rovescia di proporzioni apocalittiche, è piuttosto impegnativa per i tanti rimandi narrativi, le nozioni scientifiche da acquisire in breve tempo e gli approdi visivi derivativi di una multipla “manovra a tenaglia temporale” – come viene definita nel film – in cui si vorrebbe dar forma e dimensione alle esperienze sensoriali dei militari in guerra e in cui si richiede allo spettatore di adattarsi a comprendere ciò che non sembra nemmeno immaginabile.
La sensazione è che qui, tra algoritmi e ansia di raccogliere tutto ciò che era stato seminato, la sceneggiatura perda qualcosa in termini di solidità e provi a nascondere tutto aumentando ritmo di ripresa e montaggio ed energia della messa in scena.
Voto: ☺☺☺☺☻