Cultura

Cinema: Avengers, con “Endgame” si chiude un ciclo

AVENGERS: ENDGAME
Regia di Joe e Anthony Russo, con Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Chris Evans (Steve Rogers/Capitan America), Mark Ruffalo (Bruce Banner/Hulk).
Usa 2019, 182’.
Distribuzione: Walt Disney

Due premesse: 1) potete leggere tranquillamente, la scheda non contiene spoiler; 2) chi scrive non è un estimatore della saga. Detto ciò, andiamo al film.

Dopo la carneficina di “Avengers: Infinity War”, un senso di vuoto ha avvolto i supereroi sopravvissuti all’attacco di Thanos. Ed è da quel sentimento di tragica malinconia che il nuovo e ultimo capitolo della saga prende il via.

Diretto come il precedente da Anthony e Joe Russo, “Endgame” – 12 mln di euro di incasso nazionale nel primo week end di programmazione – appaga il desiderio di quanti attendevano l’orda di vendicatori in azione e battaglie incredibilmente spettacolari, ma a conti fatti si presenta come una sorta di elegia. Un senso di fine, di lutto aleggia per tutta l’interminabile durata del film, e la scelta narrativa (onestamente poco originale) dei viaggi nel tempo non riesce a spazzarla via. Perno drammatico ed emotivo di una trama che non vi riveleremo è sempre Tony Stark (Iron Man per i tre lettori che non lo sanno), sul cui corpo e volto vive tutta la tensione di uno script che, come nei migliori romanzi militari fantascientifici, pretende di combinare azione e pensiero, emozione e riflessione esistenziale, abbandoni e nuovi inizi. Purtroppo, però, gli autori del film, già privi di particolare senso estetico e propensione alla metafora, non riescono a trasformare “Endgame” in ciò che vorrebbe essere, rilasciandoci l’ennesimo classico, patinato e ipercinetico, cinecomic.

Peccato perché il tema della memoria richiama ambizioni semiologiche e riflessioni metacinematografiche, occasioni di incontro con altre forme d’arte e manifesti autoriali. Qui, invece, si sceglie la forma del film che parla allo spettatore tramite l’autocitazione e l’autocelebrazione, rivelando ancora una volta il carattere conservatore e per nulla rivoluzionario (non solo in termini di linguaggio) della saga.

Voto: ☺☺☻☻☻