Oltre 35 anni fa venne spezzata, quasi sicuramente dalla mafia, una giovane vita che oggi avrebbe compiuto 48 anni. Si tratta di Claudio Domino, un bambino di soli 11 anni nato a Palermo l’8 gennaio 1975, che è stato brutalmente ucciso mentre giocava davanti la cartoleria dei suoi genitori, nel quartiere San Lorenzo. Il 7 ottobre del 1986 un uomo in sella a una motocicletta, con il volto coperto dal casco, si avvicinò al piccolo chiamandolo per nome attirando la sua attenzione. Il killer esplose un solo colpo di pistola (7,65) e da meno di un metro gli sparò in mezzo agli occhi. L’azione risultò fatale per il giovanissimo che perse la vita senza avere avuto la possibilità di crescere e diventare un uomo. La crudeltà del gesto lasciò senza fiato la città, la Sicilia e l’intera Italia. Tra le vie delle varie località del Belpaese, in primis quelle coinvolte personalmente da varie tragedie e dinamiche mafiose, si cominciava a respirare aria di ribellione al tacito assenso. La strada, però, era ancora lunga e nel frattempo un’umile famiglia fu distrutta dalla prematura scomparsa del figlio. Ninni Domino e Graziella Accetta, genitori di Claudio, da quel giorno chiedono giustizia e chiarezza sull’efferato omicidio.
Il delitto è stato perpetrato proprio quando in città andava in scena il Maxiprocesso alla mafia. Un particolare dato da considerare è che la ditta dei genitori del bambino aveva vinto l’appalto delle pulizie nell’aula bunker dell’Ucciardone. Negli anni si sono susseguite diverse ipotesi su quanto accaduto. I collaboratori di giustizia Salvatore Cancemi e Giovanbattista Ferrante accusarono Salvatore Graffagnino, proprietario di un bar vicino e gestore di un fiorente traffico di eroina. I pentiti sostenevano che a uccidere il giovane fosse stato un tossicodipendente inviato da Graffagnino poiché testimone di uno scambio di droga tra pusher. Altri testimoni di giustizia hanno messo in evidenza il presunto ruolo avuto nel caso da Giovanni Aiello, noto quale “faccia da mostro” e morto nel 2017. Si parla di un poliziotto in servizio fino al 1977, funzionario dell’intelligence negli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta. L’uomo è considerato un personaggio di raccordo con Cosa Nostra.
Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, e l’aggiunto, Salvatore De Luca nel mese di maggio del 2021 hanno acquisito nuovi atti per riaprire l’inchiesta. L’obiettivo è quello di scoprire la verità su quella tragedia che ha sconvolto il mondo. Attualmente, infatti, nessuno è stato condannato per la morte dell’innocente e giovane Claudio. Una condizione che ancora oggi provoca strazio e rabbia nei genitori del piccolo.
“Amore mio, carne della mia carne che ti hanno fatto – scrive la madre profondamente addolorata -. Con il cuore straziato dal dolore nel rivederti dentro una bara bianca con il cerotto per coprirti il buco che i tuoi assassini hanno fatto nel tuo bellissimo viso. Dico adesso tocca a te Stato trovare gli assassini di nostro figlio dopo 36 anni di lacrime e dolore. Non mi interessa niente se sono mafiosi, poliziotti deviati dello stato o chiunque essi siano. È arrivato il momento di sapere la verità chi ti ha ucciso chi sono i mandanti e perché? E sappiate che non avrò pietà, devono scontare la galera fino all’ultimo giorno della loro vita. Non li perdono neanche da morti ne loro ne chi ha saputo e a taciuto per tutti questi anni,
vita mia che ti hanno fatto”.