Banconote false e fogli di giornale a riempire un borsone e accaparrarsi tre chili di cocaina da smerciare. Una truffa da oltre centomila euro ai danni dei narcotrafficanti calabresi legati alla ‘ndrina dei Pellè. Tra i protagonisti dell’azzardo ci sarebbe stato anche Enzo Timonieri, l’uomo ucciso a inizio 2021 e trovato soltanto diversi mesi dopo in un terreno vicino al mare in contrada Vaccarizzo, a Catania.
La vicenda trova spazio nelle carte dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di 13 persone per traffico di sostanze stupefacenti. Due diverse associazioni criminali che avrebbero avuto in Calabria la fonte di approvvigionamento della cocaina. Principali registi delle operazioni, nonché a capo di uno dei due gruppi, sarebbero stati Bruno Cidoni e Antonio Pezzano. I due, di 50 e 31 anni, si erano trasferiti nell’hinterland etneo per seguire da vicino gli affari, forti dei contatti nella regione d’origine.
E sono proprio loro che, nell’autunno del 2020, sarebbero caduti nel raggiro ideato, oltre che da Timonieri e da altri soggetti orbitanti attorno al clan Nizza, da Sam Privitera, il 27enne che il mese scorso è stato condannato all’ergastolo con l’accusa di essere stato uno dei due mandanti del delitto Timonieri.
“Falsi e fogli di giornale. La Gazzetta del Sud, La Sicilia… hanno fatto undici mazzette”. Sono le parole con cui Bruno Cidoni, a novembre di quattro anni fa, raccontava il modo in cui insieme al proprio socio erano stati fregati. La persona che gli sta davanti gli fa notare cosa potrebbe averli traditi: “Sapevano che non vi controllavate i soldi”.
Quello che potrebbe apparire un dettaglio, o peggio il passo falso di qualcuno alle prime armi, per i magistrati della procura etnea è indicativo di come Cidoni e Pezzana trasferitisi in Sicilia avessero messo su un giro di affari ramificato. Dove circolavano grandi quantità di droga e centinaia di migliaia di euro grazie anche all’affidabilità delle parti in gioco: dai fornitori calabresi ai corrieri, fino a chi a Catania avrebbe comprato la cocaina per poi immetterla nelle piazze di spaccio.
Non tutto però sarebbe filato liscio. A inceppare l’ingranaggio sarebbero stati Sam Privitera, Enzo Timonieri e altri soggetti intenzionati ad appropriarsi di una corposa fornitura di cocaina senza pagarla.
A parlarne ai magistrati è stato Antonino Sanfilippo, il giovane che insieme al fratello Michael si è autoaccusato dell’omicidio Timonieri. Oggi entrambi sono collaboratori di giustizia: “Ho fatto conoscere i calabresi a Privitera per fargli acquistare della cocaina. L’accordo, che aveva ad oggetto la cessione di tre chili di cocaina a fronte di un pagamento di 105mila euro, fu raggiunto tramite messaggio – si legge in un verbale del 5 giugno 2021 – Un secondo incontro di presenza è poi avvenuto sempre nella stessa località. Ricordo che in quella circostanza i tre chili kg di cocaina furono pagati con banconote false per fargli la truffa. Sam mi disse quello stesso giorno che voleva fargli la truffa con i soldi falsi e io risposi che per me era indifferente perché li avevo solo messi in contatto”.
Sanfilippo ha anche parlato delle reazioni avute dai calabresi. “Mentre mi trovavo a Lanciano, dove io e mio fratello Michael ci eravamo recati per andare a trovare mio padre detenuto in carcere, i calabresi mi mandarono un messaggio per sapere se conoscessi i ragazzi che gli avevano fatto la truffa – ha raccontato il collaboratore di giustizia –. Gli dissi che non li conoscevo ma compresi subito che loro in realtà avevano saputo chi fossero”.
A confermare la ricostruzione è stato anche Michael Sanfilippo. “Ricordo che Sam e Enzo si presentarono con dei nomi falsi e parlarono di acquistare cocaina al costo di circa 37 o 38mila euro al chilo – ha messo a verbale Sanfilippo, pochi giorni dopo il fratello – Nei giorni seguenti Privitera si mise d’accordo con il fornitore calabrese via telefono. Il calabrese, subita la truffa, mi ha contattato per avere informazioni sui truffatori di cui non conosceva le generalità ma io ho detto che non sapevo nulla”.
Bruno Cidoni è considerato vicino a un esponente di spicco della mafia di San Luca: Francesco Pelle. Detto Ciccio Pakistan, Pelle è attualmente latitante e ricercato in tutto il mondo. Su di lui pende una condanna all’ergastolo per omicidio, associazione mafiosa, traffico internazionale di cocaina. Circa vent’anni fa, Pelle e Cidoni sono stati soci in un’impresa edile con sede in provincia di Reggio Calabria.
Nonostante i contatti di primissimo piano vantati all’interno della ‘ndrangheta, Timonieri e Privitera non avrebbero esitato a sottrarre la droga senza pagarla. Incuranti delle possibili conseguenze. A ricostruirle è stato il collaboratore Michael Sanfilippo. “Sam Privitera aveva staccato il telefono e si era irreperibile al calabrese. Il calabrese contattava maggiormente mio fratello con cui aveva maggiori rapporti – si legge in un verbale – Il calabrese cercava quello con la barba, ovvero Timonieri, perché mi disse che voleva darlo in pasto ai porci e ciò credo perché Timonieri quando si incontrarono fece molto lo spavaldo. Fu proprio Timonieri a consegnare la borsa con le banconote false”.
A maggio scorso è arrivata la sentenza di primo grado nel processo per l’omicidio Timonieri. A essere condannato all’ergastolo è stato Sam Privitera. Timoniere sarebbe stato fuori perché intenzionato a rendersi autonomo nel traffico di droga, sfruttando dei canali di fiducia calabresi.
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