Pezzi di Pizzo

Colapesce era un cooperatore

Era un ragazzo giovane, innamorato del suo mare siciliano, ma sotto il mare un male oscuro, una colonna rotta rischiava di fare cadere la Sicilia in fondo ai flutti. E lui il giovane Colapesce si fa colonna e salva l’isola dal crollo. In un mondo globale, in cui la Sicilia può rischiare di affondare, nella profonda crisi di diseguaglianza e insostenibilità del turbo capitalismo, forse legarsi, legare persone e comunità può essere l’unica via di salvamento.

Il messaggio che esce dal congresso regionale di Legacoop Sicilia, presieduta da Filippo Parrino, è questo, la simbologia della leggenda di un ragazzo che si è messo a cooperare per la salvezza della sua terra.

La cooperazione di Legacoop in Sicilia conta 1300 imprese, oltre 40.000 soci ed un fatturato di 1,7 mld, in settori fondamentali e determinanti, dall’agricoltura ai beni culturali, dall’edilizia al sociale.

Questa piattaforma di imprese e lavoratori è strettamente interconnessa, oggi più di prima, alle centrali di Legacoop Italia, che a marzo celebra il suo congresso nazionale con il passaggio da Mario Lusetti a Simone Gamberini.

Il peso della Lega delle cooperative in Italia è cresciuto costantemente, andando dalla grande distribuzione alle banche, a tanti altri settori, soprattutto quelli a maggiore socialità, ed ha fornito quella spinta di economia partecipata che arriva non solo in forma sussidiaria, ma anche, in alcuni settori, in forma primaria. La grande distribuzione italiana è targata Legacoop, è questo si trascina dietro una quantità di filiere agroalimentari e non solo.

La cooperazione rappresenta il 5% del PIL del Paese e rappresenta una spina dorsale che consente tenuta e confronto con i territori, spesso esclusi dalle logiche delle multinazionali.

Cooperare non solo quindi è possibile, sostenibile, democratico, ma è conveniente per un mondo come quello siciliano a bassa base di imprese di capitali, e soprattutto di istituzioni finanziarie.

Così è se vi pare.

Giovanni Pizzo