Nei giorni scorsi la NASA ha lanciato un allarme preoccupante: un asteroide potrebbe colpire la Terra nel 2022. Si chiama 2009JF1 e la stessa NASA lo ha definito come potenzialmente pericoloso. Non solo. Gli esperti della NASA hanno anche ipotizzato una data precisa dello schianto: il 6 maggio 2022.
Il dottor Fabrizio Bocchino è un ricercatore astronomo presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Palermo ”Giuseppe Vaiana” e, dal 2018, ricopre l’incarico di direttore dell’Osservatorio Astronomico di Palermo.
Si occupa di supernove, di resti di supernova e opera nel campo dell’astrofisica delle alte energie. L’osservatorio di Palermo è una delle 17 strutture dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che porta avanti ricerche di punta in diversi campi della fisica moderna come la fisica solare, l’evoluzione stellare e gli esopianeti, una nuova branca di ricerca, e possiede laboratori per la costruzione ed il test di attrezzature per l’astrofisica di alte energie. Pur essendo una struttura all’avanguardia e di punta nell’ambito della ricerca astrofisica italiana e internazionale, l’osservatorio palermitano è stato fondato nel 1790 ed è un sito che ha contributo alla storia dell’astronomia perché proprio a Palermo nel 1801 fu scoperto il primo asteroide.
Al dottor Bocchino abbiamo chiesto di parlarci di 2009JF1 e dei pericoli che possono arrivare dallo spazio.
Dottore, il 6 maggio 2022 dobbiamo veramente temere l’impatto di questo asteroide sulla terra?
“Innanzitutto dobbiamo premettere che la pericolosità di un asteroide è valutata attraverso due “scale” riconosciute in ambito internazionale. Si tratta della “scala di Torino” e della “scala di Palermo”, segno dell’importanza del nostro osservatorio. La prima, quella di Torino, è una scala per così dire divulgativa, rivolta al grande pubblico che va da 0 a 10, dove il valore 10 indica l’impatto catastrofico, come quello che portò all’estinzione dei dinosauri sulla terra. Quella di Palermo, invece, è una scala più complessa e tecnica che però riproduce e quantifica molto più fedelmente il rischio di un impatto di un NEO cioè di un Near-Earth Object. Si tratta di una scala che rapporta la probabilità d’impatto con la c.d. proprietà di fondo. Cosa vuol dire? Significa che noi ci aspettiamo che, ogni tanto, qualche asteroide cada sulla terra. E’ già successo. Quello dei dinosauri, ad esempio, ma che cade ogni 100 milioni di anni perché è molto grande. Asteroidi più piccoli cadono invece molto più frequentemente e la “scala di Palermo” misura proprio la possibilità dell’impatto di un asteroide, nel nostro caso 2009JF1, rispetto alla probabilità di fondo che un asteroide di quelle dimensioni abbia la possibilità di cadere entro la data di impatto prevista. Per 2009JF1 il valore, sulla “scala di Palermo” è di circa -3, un valore quindi che è assolutamente tranquillizzante”.
Perché allora la notizia dell’impatto, con relativa indicazione della data, ha subito fatto il giro del mondo?
“Diciamo che le probabilità d’impatto molto spesso cambiano. L’orbita degli asteroidi NEO è molto difficile da calcolare in quanto molto piccoli e poco luminosi. La loro è un’orbita eccentrica, non circolare, difficile da rilevare a causa delle loro dimensioni e, inoltre, passano vicino alla terra per pochi giorni. Nel caso di 2009JF1 le prime osservazioni e misure che sono state fatte indicavano una probabilità d’impatto molto più alta a quanto è stato poi ricavato nelle osservazioni successive. Questo è da ritenersi normale e succede spesso. Ricorderà l’asteroide Apophis che fu osservato nel 2004 e per il quale fu previsto un impatto con la terra nel 2038. Successivamente questo rischio è stato derubricato e il valore si abbassato in tutte le scale e si ritiene che l’impatto previsto inizialmente nel 2038 non ci sarà”.
Ma gli asteroidi non si disintegrano, bruciando, quando entrano nell’atmosfera?
“Possiamo prendere uno dei parametri della scala di Torino. Per asteroidi di dimensioni inferiori ai 20 metri, il rischio di devastazioni planetarie non esiste. La loro piccola dimensione genera un impatto con l’atmosfera e il loro riscaldamento, dovuto alla loro altissima energia cinetica, genera una vera e propria disintegrazione di questi corpi.
Bisogna ricordare il caso del meteorite Celeviasky. Si trattava di un corpo che, prima di entrare nell’atmosfera, aveva una dimensione di qualche decina di metri.
È evidente che con dimensioni maggiori, dai cento metri a salire, l’energia rilasciata al suo ingresso nell’atmosfera è tale che il meteorite non si disintegri completamente e cadono dei pezzi sulla terra che possono essere molto grandi e con una velocità di caduta molto alta e possono causare delle devastazioni locali. Quando invece il meteorite diventa della dimensione di un chilometro, ma parliamo di fenomeni che possiamo ricontrare solo ogni centinaia di migliaia di anni, in questo caso si può parlare di devastazioni a livello globale. Quello dei dinosauri, per intenderci, aveva un diametro di circa 10 chilometri ed è passato quasi indenne dall’atmosfera. Al suo impatto ha sollevato una quantità di detriti tale che ha oscurato tutto il cielo per diversi anni causando l’estinzione di massa che ben conosciamo. Peraltro si tratta di fenomeni che possono accadere ogni 100 milioni di anni e quello di cui abbiamo appena parlato è accaduto circa 65 milioni di anni fa”.
Ma di che cosa si tratta, esattamente?
“Si tratta di residui della storia del sistema solare che si è formato miliardi di anni fa dalla “nube primordiale”. Da questa di sono formati i planetesimi, oggetti rocciosi primordiale alla base della formazione dei pianeti, degli asteroidi e del sistema solare stesso. Nel corso di miliardi di anni hanno generato i pianeti maggiori che ben conosciamo, ma anche tutti gli altri corpi minori del sistema solare inclusa la fascia degli asteroidi”.
Ma se oggi dovesse accadere un fenomeno analogo a quello del meteorite che fece estinguere i dinosauri, saremmo in grado di affrontarlo?
“Questo problema non si pone per 2009JF1, vista la sua dimensione. Effettivamente il rischio c’è ed è stato riconosciuto a livello internazionale con la creazione di reti di monitoraggio. Oggi, grazie alla ricerca scientifica e tecnologica che è stata portata avanti, siamo in grado di prevedere le probabilità d’impatto proprio grazie a reti come quella della NASA, il programma NEO, e da quella costituita dall’Agenzia Spaziale Europea che molto presto installerà a Isnello, nel Parco Astronomico delle Madonie, un telescopio che si chiama FLYEYE. Si tratta di un prodotto particolarmente innovativo munito di una lente che divide l’immagine in 16 sotto immagini più piccole per espandere il campo visivo, in modo appunto simile alla tecnica sfruttata dall’occhio composto di una mosca. Entrerà a far parte della rete dell’Agenzia Spaziale Europea proprio degli asteroidi NEO e dei detriti spaziali, altro grande problema colpevole di rientri incontrollati che possono causare molta preoccupazione.
Sarà installato sul monte Mufara nei prossimi anni grazie alla collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Istituto Nazionale di Astrofisica e Fondazione Gal Hassin – Parco Astronomico delle Madonie. La Sicilia diventerà quindi un centro primario di monitoraggio proprio di questi oggetti. L’Istituto Nazionale di Astrofisica, inoltre, possiede già PRISMA, una rete di oltre cinquanta camere all-sky installate in altrettanti siti italiani.
In Sicilia le camere all-skysono presenti a Palermo, a Racalmuto, nel Parco Astronomico delle Madonie, nel Parco dell’Etna e in provincia di Siracusa. Dovessimo noi rilevare la presenza di un oggetto potenzialmente pericoloso oggi è possibile mettere in atto una serie di contromisure che il nostro sviluppo tecnologico ci permette”.
E’ quindi possibile evitare l’impatto?
“Dipende. Prima si agisce, molto più alta sarà la probabilità di scongiurare l’impatto. Prima si agisce, meno energia serve per causare deviazioni dell’asteroide in arrivo. Ci sono piani che prevedono l’utilizzo di esplosioni per dare “un colpetto” all’asteroide e fargli deviare l’orbita ma per fare questo, la precisione del calcolo della direzione e dell’intensità della spinta deve essere assoluta per evitare di ottenere l’effetto opposto”.
Possiamo quindi continuare a guardare il cielo con uno sguardo romantico?
“Assolutamente sì. Dobbiamo guardare il cielo con occhi romantici perché il cielo è bello, oltre ad essere una fonte per noi di avanzamento delle nostre conoscenze ma aldilà di questo è proprio bello da guardare, pensi solo alle meteore con i loro sciami meteoritici. Più lo guardiamo, più la nostra curiosità di conoscere e sapere aumenta e questo ci salva dai possibili disastri. Non solo, la ricerca e la conoscenza ci permettono di affrontare le crisi, tutti i tipi di crisi comprese quelle sanitarie”.
Tutto quello di cui mi ha parlato, inevitabilmente, ha però bisogno di fondi. E’ forse questa la nota dolente?
“A una grande attenzione da parte del pubblico non corrisponde la dovuta attenzione dei governi nei confronti della ricerca scientifica specialmente in Italia. Noi siamo molto al di sotto i parametri tipici dell’investimento su ricerca e sviluppo, del numero dei laureati, di quelli del numero di ricercativi attivi. Il nostro paese, confrontando questi dati con quelli degli altri paesi sia europei sia internazionali, si trova sotto la media. Anche nel PNNR appena presentato c’è sicuramente la ricerca applicata, quella che da ricadute immediate, quella che si fa a contatto con le industrie, ma manca assolutamente la ricerca di base, quella per cui non ci aspetta un risultato immediato ma che è base per lo sviluppo della ricerca applicata.
È grazie a questo tipo d’investimenti che si affrontano le sfide dell’umanità, è grazie a questi investimenti che un paese può competere a livello internazionale e assumere una posizione di leadership nel mondo. Dormite sonni tranquilli, quindi. Non è previsto nessun impatto. Per distruggere il nostro pianeta non abbiamo bisogno di nessun asteroide, siamo capaci di farlo da soli”.
Roberto Greco