Inchiesta

Nei Comuni siciliani troppi dipendenti da formare: nessun giovane, molti over 60 e pochi titoli di studio

PALERMO – All’interno del Comune di Catania sei dipendenti su dieci hanno più di 60 anni. Nel capoluogo siciliano e a Messina i comunali over 60 sono quasi un terzo dei dipendenti.

Questi sono soltanto alcuni dei numeri che balzano agli occhi consultando la sezione “Conto annuale del personale” dei siti ufficiali dei Comuni delle tre Città metropolitane dell’Isola, relativi al 2022 per Palermo e Catania, fermi al 2021 per Messina. Numeri che restituiscono una fotografia sconfortante per i tre Enti isolani, dai quali emerge come gli uffici comunali mediamente siano popolati per il quaranta per cento da personale avanti con l’età.

Nulla a che vedere con le percentuali registrate da Comuni del Nord Italia di analoga popolazione – Genova, Verona e Padova – che battono senza mezzi termini le “gemelle” città siciliane.

Il capoluogo ligure – che tra gli Enti locali presi in esame per il confronto è quello che possiede la percentuale di ultrasessantenni più alta – si ferma al 18,16 per cento, distanziandosi da Palermo di quasi 16 punti percentuali. Nella città di Romeo e Giulietta gli over 60 sono appena il 16 per cento (contro il 59,62 di Palazzo degli Elefanti), mentre a Padova a essere vicini all’età pensionabile è appena il 14,33 per cento dei dipendenti, ben al di sotto quindi della percentuale registrata a Messina (32,26 per cento).

Pochissimi dipendenti sotto i 30 anni a Palermo, Catania e Messina

Di personale al di sotto dei 30 anni non vi è quasi traccia nei tre Comuni metropolitani siciliani: a Messina e Catania non ci sono giovani dipendenti, mentre tra i 5.295 di Palazzo delle Aquile soltanto tre sono under 30. Anche in questo caso, il confronto con il Nord è impietoso: Genova conta nel proprio organico quasi il 6 per cento (288 unità su un totale di 4.840 dipendenti), mentre Verona e Padova ne annoverano rispettivamente 37 e 32: pochini – rispettivamente il 2 e l’1,9 per cento sul totale – ma sempre meglio dello zero di Catania e Messina e dello 0,06 di Palermo.

Le percentuali per titolo di studio

Un altro indicatore utile a tracciare l’identikit del personale presente all’interno degli Enti locali è quello relativo ai titoli di studio. Anche su questo fronte le sorprese non mancano.

Nelle sei città prese in esame all’incirca la metà dei dipendenti ha conseguito la licenza media superiore (il diploma per intenderci). A stupire – negativamente – sono le percentuali relative ai laureati e ancor di più quelle che riguardano la quota di coloro che si sono fermati alla scuola dell’obbligo.

Partiamo dai laureati: a Palermo è il 21,28 per cento a possedere una laurea o una specializzazione post-laurea, mentre a Messina un dipendente su tre risulta aver conseguito un titolo di studio “alto”. Catania detiene la maglia nera di laureati con appena il 15,43 per cento dei dipendenti sul totale. Percentuali che, invece le “cugine” settentrionali vantano molto più alte: Genova ha il 33,70 per cento di laureati in pianta organica, Verona il 40,39 e Padova addirittura il 44,53.

Attenzione: lungi da noi affermare che questa fetta di personale sia incapace, ma è chiaro che le capacità acquisite si basano esclusivamente sulla sola esperienza sul campo e non sono supportate da quel grado di conoscenza che solo gli studi consentono di avere.

Carenza di professionalità

Le responsabilità dell’attuale carenza di professionalità degli organici dei Comuni hanno un nome e un cognome: la politica clientelare che negli scorsi decenni ha riempito gli uffici pubblici di dipendenti senza specifiche competenze, lasciandoli sguarniti di figure essenziali per il buon funzionamento della macchina burocratica. E a pagarne le spese, come spesso accade, alla fine sono i cittadini, che non possono contare su una Pa in grado di offrire servizi efficienti.

Occorre puntare sull’organizzazione

La questione di fondo può essere racchiusa in una sola parola: competenza. L’ultimo European quality of government index (Eqi), report finanziato dalla Commissione europea, ha relegato l’Isola in 221^ posizione su 238 regioni prese in esame. Paghiamo sì lo scotto di un livello ancora insoddisfacente di digitalizzazione nei nostri uffici pubblici.

Come ci ha infatti segnalato il segretario dell’Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, nel corso dell’intervista pubblicata lo scorso 26 ottobre, “se guardiamo al comparto degli Enti locali in Sicilia, in alcuni casi occorre ancora una forte azione di alfabetizzazione informatica: dall’utilizzo adeguato di internet e dei principali portali e banche dati all’uso dei principali applicativi, penso a Excel e banalmente anche a Word”.

Occorre però puntare non solo sulla digitalizzazione, ormai indispensabile per stare al passo con il resto dell’Europa, ma anche su una formazione incentrata sull’organizzazione.