Non è certo un mistero che la campagna elettorale appena conclusasi rappresenti uno dei capitoli più buii della storia politica italiana. Non è mero populismo ma a dircelo sono i dati relativi all’elettorato. Il 36% degli italiani, vale a dire più di 3 cittadini su 10, si sono astenuti dall’esprimere una preferenza per uno qualsiasi dei candidati in corsa per impugnare le redini del nuovo Governo.
Un dato che la dice lunga, specie se si considera che si tratta del 9% in meno e di ben 4,5 milioni di italiani in meno rispetto alle elezioni del 2018. Un’affluenza di votanti che ha subito un crollo da Nord a Sud, anche nella nostra Sicilia, dove in ballo c’era l’elezione del nuovo presidente della Regione. Nell’Isola, infatti,si è recato alle urne solo il 49% dei cittadini.
Questi elementi raccontano di un paese disaffezionato alla politica anche perché, con molta probabilità, i vari candidati nazionali e regionali hanno peccato qualcosa in termini di comunicazione in quanto non sono riusciti a convincere il popolo a esprimere con decisione una preferenza piuttosto che un’altra.
Per tracciare a grandi linee una fotografia di quello che è accaduto in termini di comunicazione istituzionale, ci siamo confrontati con il sociologo Francesco Pira, professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, dove è Delegato del Rettore alla Comunicazione e Direttore del Master in “Esperto in Comunicazione Digitale per la Pubblica Amministrazione e l’Impresa”.
Professore Pira, che bilancio possiamo fare della comunicazione politica di queste ultime elezioni?
“Va innanzitutto detto che è stata l’unica comunicazione possibile per i modi e i tempi in cui si è svolta la campagna elettorale. Non dimentichiamo che si è trattato di una elezione anticipata che, per la prima volta, si sviluppa in un periodo totalmente estivo e di post pandemia in cui i cittadini, pronti a vivere le prime vacanze senza mascherine, si sono trovati di fronte a partiti che hanno deciso di far cadere un Governo. Più nello specifico, si è riproposto ciò che, già diversi anni fa, ho analizzato in uno dei miei testi intitolato ‘La net comunicazione politica’ e che andava evitato. Piuttosto che abbandonare l’idea di una comunicazione di stampo propagandistico a favore di una più chiara e diretta, sono invece aumentati i populismi e i sovranismi. Sarebbe stata più auspicabile la scelta di presentare i propri programmi e di mettersi in una posizione di ascolto nei confronti dei cittadini. È stata una campagna elettorale brutta, dai toni aspri, secondo il filone del tutti contro tutti, dimenticando di mettere al centro il disagio e il particolare momento storico. Ricordiamoci che il popolo italiano viene da una pandemia e sta subendo le conseguenze, in termini economici e occupazionali, di una guerra in corso. Questi temi sono stati messi da parte rispetto alla spinta populista di fare propaganda. A ciò aggiugiamo che la velocità degli avvenimenti ha costretto i partiti politici, nella speranza a ritagliarsi un ruolo di protagonisti, a cambiare le alleanze in corsa e, dunque, i cittadini si sono dovuti confrontare con la comunicazione di tre blocchi differenti”.
Vincitori e vinti: chi ha azzeccato e chi, invece, ha fallito perchè ha saputo “parlare al popolo”?
“Il centrodestra ha azzeccato la comunicazione, innanzitutto quando ha deciso di non appoggiare il Governo Draghi. È molto più semplice quando ci si trova dalla parte dell’opposizione poter criticare tutti coloro che, invece, hanno appoggiato l’ex presidente del Consiglio e che, di conseguenza si sono trovati in deficit di consensi da parte degli elettori. Questo ha fatto sì che ogni leader politici dovesse iniziare a ritagliarsi un ruolo ben definito per ottenere una comunicazione più efficace. Il fallimento della comunicazione, in generale, di tutti i partiti e che ha allontanato i cittadini dalla politica è il dato dell’astensionismo che ha visto il 9% in meno di persone rispetto alle ultime elezioni nazionali, dato ancor più preoccupante del passato se si pensa che stavolta i 18enni hanno avuto l’occasione di votare anche per il Senato e quindi si attendeva una loro spinta e partecipazione importante”.
Quanto hanno influito i social sul processo e sui risultati?
“A parer mio hanno influito tantissimo nel polarizzare il voto e, per assurdo, a spingere gli indecisi a non andare a votare perchè non convinti della performance dei candidati. Potremmo definirlo come il grande bluff di questa campagna. Mentre in altri casi emblematici, come ad esempio durante la prima candidatura di Obama, i social sono serviti a mettersi una posizione di ascolto, nella nostra campagna elettorali sono stati usati per urlare e dileggiare ma mai per ascoltare. è questo il grande problema della politica, ovvero che non si sta comprendendo come un mezzo che permette di arrivare a tutti i cittadini debba essere usato anche per raccogliere le opinioni, il disagio e il malcontento degli stessi, usandoli come opportunità e non devianze, così come è accaduto”.
E in Sicilia? Come se la sono cavata i candidati?
“In Sicilia è mancato un elemento importantissimo: il confronto. Non abbiamo mai visto i candidati parlare tra di loro per permettere ai siciliani di comprendere meglio i diversi programmi, anzi. Alcuni di loro hanno proprio deciso di non affrontare un tavolo con i concorrenti. Unica eccezione in tal senso è stato De Luca che, più di tutti è sceso in piazza e porta a porta per parlare con i cittadini girando in oltre 300 comuni e i risultati della sua attività di comunicazione si sono visti. In generale in Sicilia, in questo caso, più che mai a dettare il gioco sono stati i sondaggi che hanno dettato le scelte comunicative dei vari candidati. Una buona percentuale di consenso ha fatto pensare, specie al favorito centrodestra, che non fosse necessario comunicare più di tanto”.
Partiamo dalla vincitrice assoluta, la numero uno di Fratelli d’Italia che si è mostrata tra le più presenti in assoluto su tutti i canali di comunicazione. La sua strategia comunicativa ha sicuramente colpito gli italiani desiderosi di riconoscersi in un’identità nazionale.
“Ha fatto una comunicazione eccellente perchè è riuscita a catalizzatare l’attenzione degli elettori e a riempire le piazze. Ha avuto la capacità di cogliere quella che è la voglia degli italiani di essere rappresentati da qualcuno che riesca a ‘puntuare i piedi’ per farsi ascoltare e ad affrontare i problemi con responsabilità”.
Non ce la fa a sfondare il tetto della sufficienza la strategia comunicativa del leader del Partito democratico che per un momento aveva sperato di poter occupare il banco della maggioranza quando, giusto qualche settimana fa aveva dichiarato: “Vinceremo noi, non ho dubbi”.
“Letta ha provato ad arginare un partito che – come evidenzia il sociologo – molti politologi hanno definito come ‘morto’. Una sconfitta che lui stesso sembra aver ammesso quando ha dichiarato che non si sarebbe più candidato. Sono mancati un po’ di contenuti e di strategia. Forse un’alleanza con M5S e Calenda avrebbe portato a risultati con margini un po’ diversi”.
Si salva in corner il leader del Carroccio che ha certamente scontato nell’opinione pubblica la sua decisione di appoggiare il governo Draghi, una scelta che certamente buona parte dei elettori più fidati non gli hanno perdonato.
“Nonostante abbia fatto una campagna elettorale di grande equilibrismo lontana dalle urla del passato, poichè doveva dimostrare di essere un uomo delle istituzioni, si è trovato con risultati ben lontani da quanto atteso. Merita comunque una sufficienza perchè ha dovuto costruire l’immagine di una Lega diversa, specie tra l’elettorato del Sud”.
Grande rimonta rispetto alle previsioni per il pentastellato Ha capito che il tema del Reddito di cittadinanza, caro a molti cittadini, andava messo sul piatto delle discussioni tanto da farlo diventare il cavallo di battaglia della sua campagna elettorale.
Come sottolinea Pira “è stato molto bravo a metterci la faccia perchè non sono stati pochi i cittadini che, più che votare il Movimento 5 Stelle, hanno espresso una preferenza per la persona di Conte. La sua comunicazione, lontana dai ‘vaffa’ di Grillo e dal grillismo più duro, ha permesso una nuova adesione e coinvolgimento verso il partito”.
Il Cavaliere, il veterano tra i candidati di queste ultime elezioni, ha fatto parlare ancora una volta di sè per il suo approccio alla comunicazione un po’ diverso dal solito, cercando di avvicinarsi anche agli elettori più giovani con il suo approdo sui social più in voga come Tik Tok.
“La sua operazione comunicativa è stata comunque soddisfacente visti i risultati registrati anche con i candidati presentati in Sicilia. Ha ottenuto esattamente ciò che voleva portandosi dietro sia i fedelissimi che il suo entourage, nonchè catturando consensi tra quei cittadini che ancora credono in lui” evidenzia il nostro esperto.
Arriviamo ai due leader di Azione e Italia Viva “compagni dell’ultima ora” . In primis Carlo Calenda che con il suo 8% è riuscito, “ottenere un buon risultato – evidenzia l’esperto di comunicazione istituzionale – pur facendo diverse dichiarazioni che in alcuni casi risultavano impopolari. Merita la sufficienza perchè, nonostante ciò, ha dimostrato che sia lui che Renzi godono di una certa credibilità tra gli elettori”.
Un 6 pieno anche per Renzi “sebbene – continua Pira – si sia messo un po’ in una posizione ‘d’ombra’, non è stato particolarmente protagonista. La sua bravura in termini comunicativi è stata quella di non attaccare mai per primo ma di rispondere solo quando chiamato in causa”.