E’ allarme commercio nelle città italiane. In nove anni sono scomparsi quasi 85 mila negozi. Quasi 4.500 hanno chiuso i battenti durante la pandemia. Se si sommano le perdite di ambulanti a quelle del commercio in sede fissa, in nove anni, spariscono quasi 100mila attività. E’ quanto emerge dall’Osservatorio sulla demografia d`impresa nelle città italiane, con particolare riguardo ai centri storici, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio.
Con il contributo del Centro Studi delle Camere di Commercio Tagliacarne sono stati osservati 120 comuni medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione, escludendo le città di Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove non è possibile, cioè, la distinzione tra centro storico e non centro storico.
Una grossa parte della riduzione “è dovuta, purtroppo, alla stagnazione dei consumi di tipo strutturale che affligge l`Italia da tanto tempo”. Oggi i consumi, in termini reali, sono sotto i livelli del 1999 e lo stesso parametro in termini pro capite si colloca sotto i valori del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa. Nel lungo termine crescono, invece, le attività legate al turismo. Sembra che esse siano cresciute anche durante la pandemia.
Tra il 2012 e il 2021 le imprese, nel complesso di tutti i settori economici, sono stabili in numero, effetto di un calo di circa 190mila unità delle italiane e di un analogo incremento delle straniere (la cui quota passa dal 7,8% del totale al 10,6%).
Nel commercio spariscono 200mila imprese italiane e ne emergono quasi 120mila straniere; la quota delle straniere quasi raddoppia in nove anni: dal 10,7% al 19,1%. Stesse dinamiche per l`occupazione: stabile quella degli italiani, in crescita dell`11% quella degli stranieri; e anche qui, considerando il commercio, gli alberghi e i pubblici esercizi, a fronte di 150mila italiani in meno ci sono 70mila stranieri in più.