E’ incompatibile con la Costituzione l’ergastolo ostativo a cui sono condannati boss e affiliati alla mafia e che impedisce loro, se non collaborano, di accedere (dopo 26 anni di reclusione) alla liberazione condizionale, anche quando è certo che si sono ravveduti.
La Corte costituzionale non ha alcun dubbio e dà un anno di tempo al Parlamento per provvedere con una legge, consapevole dell’impatto che una sentenza di incostituzionalità immediatamente efficace potrebbe avere sulla lotta alla mafia.
Ma è chiaro sin da ora che se il legislatore resterà a braccia conserte, a maggio del 2022 la Consulta cancellerà quella norma che ritiene in contrasto con principi basilari della Carta fondamentale.
Il perché lo spiega in un’ordinanza che depositerà nelle prossime settimane, come anticipato da una nota dell’Ufficio stampa.
Già monta però la polemica, che divide la maggioranza di governo.
“Per mafiosi e assassini l’ergastolo non si tocca”, attacca il leader della Lega Matteo Salvini.
In trincea anche i parlamentari M5S della commissioni Antimafia e Giustizia (nessun “passo indietro” sull’ergastolo ostativo, chiedono).
Mentre il Pd apprezza la “scelta saggia” della Consulta di dar tempo al Parlamento di intervenire, già compiuta in due altre occasioni, sul suicidio assistito cioè sul caso del Dj Fabo, e sul carcere per i giornalisti condannati per diffamazione.
Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, si augura che il legislatore intervenga “presto” ma “in modo da non pregiudicare l’efficacia di una normativa antimafia costata la vita a tanti uomini delle istituzioni”.
Per Antigone invece ”l’incostituzionalità è accertata e non si potrà tornare indietro”.
La decisione critica della Consulta sull’ergastolo ostativo non giunge però inaspettata: anche in due pareri resi dall’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, quando ancora a guidarlo era Alfonso Bonafede, si evidenziavano le “notevoli possibilità” che la questione di costituzionalità fosse accolta.
Sul punto la Consulta è chiara: l’attuale disciplina dell’ergastolo ostativo “è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione” (e dunque con il principio della funzione rieducativa della pena e dell’uguaglianza di fronte alla legge) e stride “con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” , visto che fa della collaborazione “l’unico modo per il mafioso condannato di recuperare la libertà”.
Tuttavia, poiché l’accoglimento immediato delle questioni sollevate dalla Cassazione, “rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”, la Corte ha dato tempo al Parlamento per mettere a punto interventi “che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi”.
In tutto sono 1.271 i detenuti all’ergastolo ostativo.
Non sono tutti mafiosi, ma anche terroristi e condannati per reati particolarmente gravi.
Tra loro ci sono Giovanni Riina, figlio del capo dei capi di Costa Nostra e Leoluca Bagarella, finito in carcere nel 1995.
Ma anche Michele Zagaria, capo clan dei Casalesi e Giovanni Strangio, affiliato alla ‘ndrangheta arrestato nel 2009.