ROMA – La questione riguardante l’obbligatorietà o meno del contraddittorio tra Fisco e contribuente prima dell’emanazione di un avviso di accertamento è stata oggetto di ampio dibattito, sia in giurisprudenza che in dottrina.
Nonostante qualche volta gli Uffici fiscali abbiano mostrato maggiore propensione verso il dialogo preventivo (come la Direzione Regionale delle Entrate per la Sicilia), la Cassazione, dopo avere allargato i confini del contraddittorio obbligatorio, l’ha poi ridimensionato ritenendo tale istituto limitato esclusivamente ai casi in cui esiste una espressa previsione legislativa in tal senso e, ma questo solo per i tributi “armonizzati”, quando il contribuente riesce a dimostrare che la mancanza del contraddittorio ha determinato, concretamente, la mancata dimostrazione delle sue ragioni e, quindi, la non corrispondenza dell’accertamento alla sua reale situazione fiscale.
Eppure del contraddittorio in materia fiscale se ne parla già dai tempi della famosa legge 241/1990 (trasparenza amministrativa). Ma quali sono attualmente gli strumenti ed i “punti di contatto” per il dialogo tra fisco e cittadini? Certamente lo Statuto del diritti del contribuente (L.212/2000) che ha previsto diverse ipotesi di dialogo obbligatorio (articoli 6, 11 e 12 ). Poi c’è la normativa riguardante il “redditometro” che prevede come elemento indispensabile per procedere all’accertamento dei ricavi, il contraddittorio con il contribuente. Anzi, spesso, un doppio contraddittorio, uno preventivo ed un altro in sede di accertamento con adesione.
Molto importante è stata, ai fini dell’ampliamento della area del contraddittorio, la L. 190/2014 la quale al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l’amministrazione fiscale, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea della basi imponibili, ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate deve mettere a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonchè ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti. Il contribuente può segnalare all’Agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciute.
Per quanto riguarda le indagini finanziarie, la Cassazione, con sentenza n. 4314 del 2015, ha ribadito l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo, sottolineando che è proprio la norma che attribuisce al contribuente l’onere di fornire la prova delle movimentazioni e ricordando pure che tale obbligo deriva, oltre che da numerose sentenze delle Sezioni Unite della stessa Corte, anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
Giova ricordare pure la sentenza della Corte di Giustizia 3 luglio 2014 nelle cause riunite C 129/13 e C 130/13, di eccezionale importanza perché ha affermato la necessità per ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di qualunque decisione che possa incidere in maniera negativa sui suoi interessi, collocando quindi il diritto alla difesa e, conseguentemente, quello al contraddittorio, tra i diritti fondamentali, pena l’annullamento del provvedimento adottato.
Eppure, la Corte di Cassazione, Sesta Sezione civile, con Ordinanza 527 del 14/1/2015, a causa dei contrasti interpretativi esistenti nella giurisprudenza della stessa Cassazione, ha chiesto di sottoporre al giudizio delle Sezioni Unite la questione relativa alle conseguenze della violazione del diritto al contraddittorio. Le teorie, infatti, erano tre. Quella “garantista” – secondo la quale il diritto al contraddittorio costituisce un principio generale da applicare a tutti i procedimenti amministrativi tributari, pena la nullità degli atti di accertamento emanati.
Quella completamente opposta, secondo cui la mancata attivazione del contraddittorio preventivo comporta la nullità solo se così espressamente previsto dalla legge. Poi c’è una terza tesi, intermedia (che nasce principalmente dalle sentenze della Corte di giustizia UE, cause riunite C-129/13 e C-130/13), secondo la quale, in caso di omissione del contraddittorio, la nullità si verifica solo quando il contribuente dimostra che qualora lo stesso contraddittorio fosse stato consentito l’esito del procedimento sarebbe stato diverso, anche soltanto con riguardo alla semplice ragionevolezza delle argomentazioni difensive.
Ma, come precedentemente detto, le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 24823 depositata il 9 dicembre 2015, ha, per così dire, sciolto qualunque dubbio o riserva, decidendo per una teoria intermedia che sconfessa le precedenti sentenze, pure a sezioni unite. Con quest’ultima sentenza, infatti, i Giudici di legittimità hanno affermato che in realtà non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato di contraddittorio. L’obbligo esiste solo quando è espressamente previsto dalla singole disposizioni tributarie.
Sicchè possiamo dire che, secondo la citata pronuncia della Cassazione, ci troviamo ad avere tributi e situazioni in cui il contraddittorio è obbligatorio per legge ed altri no, e più precisamente:
1) Tributi non armonizzati (Irpef, Irap, Registro, ecc,) per i quali il contraddittorio non è obbligatorio;
2) Altri tributi non armonizzati per i quali, però, l’obbligo del contraddittorio è espressamente stabilito dalle singole disposizioni che li riguardano (come per il nuovo “redditometro”);
3) Tributi armonizzati per i quali il contraddittorio è obbligatorio in maniera generalizzata, anche se la nullità, in caso di mancato contraddittorio, si verifica solo quando il contribuente è in grado di dimostrare che se fosse stato sentito prima di ricevere l’avviso dell’ufficio sarebbe stato in grado di produrre elementi che avrebbero fatto pendere a suo favore l’esito del controllo.
Una confusione interpretativa inevitabile, che fa insorgere altri contenziosi instaurati per affidare al giudice tributario il compito di stabilire se, nel singolo caso oggetto della controversia, il contraddittorio era indispensabile o meno, oppure se sia effettivamente avvenuto oppure no.
Nel frattempo è stata emanata la Legge n. 58 del 28 giugno 2019 di conversione del Decreto Crescita (Dl. 34/2019), la quale ha introdotto l’obbligo (si fa per dire), per l’Amministrazione finanziaria, di avviare il contraddittorio preventivo con il contribuente.
L’Agenzia delle Entrate è legittimata ad emettere avvisi di accertamento nei casi di urgenza e di pericolo per la riscossione e nei casi in cui l’Ufficio accertatore, facendo seguito ad accessi ed ispezioni, abbia notificato un processo verbale di constatazione (in siffatte ipotesi, resta ferma la possibilità per il contribuente di produrre memorie difensive), nonché quando l’atto costituisca un accertamento parziale e di rettifica parziale.
L’omessa notifica dell’invito a comparire, quindi, non determina ipso iure la nullità dell’avviso di accertamento notificato. Resta sempre un onere del contribuente dimostrare in concreto, in sede giudiziale, il pregiudizio che la “compressione” del diritto al contraddittorio preventivo, ha determinato (cd. “prova di resistenza”).
Dulcis in fundo, il novellato comma 3-bis dell’art. 5 del D.lgs. n. 218/1997, sancisce che se fra la data di notifica dell’invito a comparire e il termine di decadenza del potere di accertamento decorrono meno di novanta giorni, il termine di decadenza del potere di accertamento degli uffici, è prorogato a 120 giorni estendendo, di fatto, i termini di decadenza.
Ora, però, sembra che qualcosa si muova in senso positivo. I materiali estensori della delega hanno ipotizzato, nel disegno di legge delega per la riforma fiscale, anche accogliendo l’auspicio contenuto nella recente sentenza della Corte Costituzionale n. 47 del 21 marzo 2023, (art. 15, comma 1, lettera b, n. 1) non solo l’applicazione generalizzata, a pena di nullità dell’atto (seppure con alcune piccole e giustificate eccezioni) del contraddittorio preventivo, ma anche la possibilità di consentire al contribuente di partecipare alla fase precontenziosa.
Il Ddl delega governativo è stato già approvato dalla Camera dei deputati. L’auspicio è che durante l’iter di approvazione questa norma non venga stravolta, consentendo di superare i grossi problemi di cui abbiamo parlato. Ricordiamo sempre che molto spesso un contraddittorio mancato corrisponde ad una istruttoria carente.