La fragilità del territorio italiano è diventata una litania vera non perché non ci sia, ma perché nessun governo del dopoguerra ha posto in essere rimedi seri per soluzioni da inserire in piani poliennali.
Fra tali fragilità, vi sono quelle riguardanti i territori dei Comuni, che sono in stato di pericolo anche in conseguenza della dissennatezza dei sindaci che hanno approvato e consentito la costruzione di immobili in siti pericolosi e, d’altra parte, non hanno provveduto a realizzare le opere più urgenti per evitare che esondazioni di fiumi e bombe d’acqua creassero i disastri che abbiamo registrato in questi decenni.
Ricordiamo quello nel Sannio, in Campania nel 2015, l’alluvione di Firenze il 4 novembre 1966, il disastro di Giampilieri (nel Messinese) nel 2009 e per ultimo quello delle Marche di questi giorni.
Ovviamente, la responsabilità non è solo dei governi e delle relative maggioranze, oltre che dei sindaci, ma anche dei presidenti delle Regioni che dovrebbero occuparsi adeguatamente e tempestivamente del loro territorio.
Quando si parla di opere strutturali per mettere in sicurezza il territorio, salgono subito le lamentele degli amministratori di Comuni e Regioni: “I soldi non ci sono”. È falso, in quanto è ampiamente dimostrato che i soldi ci sono (europei, statali e regionali. È piuttosto il sistema clientelare e corruttivo politico-amministrativo che impedisce di spendere con tempestività, con la conseguenza che l’apertura e la chiusura dei cantieri dopo l’esecuzione, avviene con ritardi macroscopici.
Conseguenza di questo andazzo criminale è che non vengono assunte decine e decine di migliaia di persone, il denaro non circola con adeguata velocità, per alimentare anche i consumi e in generale l’economia non cresce sul versante delle opere pubbliche.
Questo Governo si vanta di aver avuto una crescita forte del Pil, intorno al 3%, ma omette di precisare che esso è conseguenza dell’immissione di denaro nel settore privato (110%, che funziona), mentre quello pubblico non riesce a spenderne, come prima si scriveva, per ragioni diverse che andremo fra poco ad esaminare.
Non vogliamo divagare, ma per omogeneità di argomento rileviamo come si tratti di una stupida bugia la lamentela che i dipendenti siano pagati al di sotto di 9 euro l’ora.
I contratti di lavoro (pubblici e privati) esistenti nel nostro Paese non prevedono in quasi nessun caso, almeno per quelli ordinari, importi inferiori a 9 euro l’ora . E allora perché da tanti incompetenti e allarmisti arrivano segnalazioni di gente pagata e 3 o 4 euro l’ora? La risposta è nei fatti: mancano i controlli che la Pubblica amministrazione dovrebbe fare sistematicamente per combattere gli abusi, le manchevolezze e i reati compiuti nel settore privato.
In quello pubblico, il problema non esiste perché le amministrazioni applicano puntualmente i contratti di lavoro nei quali la fatidica soglia di 9 euro l’ora è prevista.
Non solo mancano i controlli che dovrebbero fare gli ispettori del lavoro, ma mancano anche i controlli nella esecuzione delle opere pubbliche, soprattutto per il continuo spostamento della consegna, tassativamente prevista.
Perché non si effettuano i controlli, ovvero sono effettuati solo quelli di tipo formale? Perché i dirigenti pubblici e i loro dipendenti non si recano mai (o quasi mai) presso i cantieri o i manufatti per constatare la qualità dei materiali impiegati, la regolarità dei rapporti di lavoro, la puntuale esecuzione delle opere ed il rispetto del cronoprogramma.
Non solo, ma nei contratti di lavoro dei dirigenti pubblici non sono previste sanzioni per le omissioni della loro attività di controllo che quindi è solo formale e non sostanziale.
C’è rimedio? I sondaggi prevedono la vittoria dei conservatori alle prossime elezioni cui forse si aggregheranno i moderati o una parte di essi. Si tratterebbe di una novità perché negli ultimi dieci anni hanno governato i progressisti uniti ad altri partiti dell’area.
Ci vogliamo augurare che la presunta première sappia affrontare con competenza tutta la materia elencata e nomini un ministro della Pa capace, con l’indicazione di riformare i contratti di lavoro dei dirigenti nei quali inserire caratteristiche cogenti: obiettivi, tempi, controlli, sanzioni e premi.