Abbiamo intervistato il Conte di Cagliostro, che, tra le varie sue esperienze di vita, sembra che sia anche il capo, da oltre cinque lustri, del centrodestra siciliano. Ovviamente ogni riferimento a personaggi reali sono precipuamente immaginari e probabilmente destituiti di ogni fondamento.
Sono affacciato sul mare Tirreno in campagna. Sto preparando il fuoco per la brace.
Il problema non è siciliano. O almeno lo è nella visione di Goethe in cui la Sicilia è la chiave per capire l’Italia.
Lo sono da alcune generazioni e me ne vanto. Ma tornando alla sua domanda il problema è italiano. Lo abbiamo già visto con la vicenda Mattarella, altro palermitano, sottolineo. Nonostante le fragilità i partiti non mollano la politica. Per questo Draghi non è presidente della Repubblica. E per questo abbiamo rieletto un moderato europeo ed atlantico.
Se il gioco della politica italiana continua così, al di là delle leggi elettorali, il destino è chiaro.
Cioè, cioè. È chiaro che dilaghi la destra e che ci troveremo con Giorgia, madre dei patrioti sovranisti, presidente del Consiglio.
Per nulla. Io ero il capo del centrodestra siciliano solo perché il centro era assolutamente preponderante. Certamente io non sono sovranista e di destra. Anzi sono notoriamente mancino.
Saremmo fuori dal sistema delle famiglie europee e probabilmente dagli interessi dell’alleanza atlantica. Che è invece il motivo per cui abbiamo rieletto Mattarella. Infatti lei, la Meloni, non lo ha votato.
Forse fascisti su Marte come nella parodia di Guzzanti. Io penso che diventeremmo indigesti piuttosto. All’Europa ed alla maggioranza degli italiani. Nuoteremmo controcorrente al mondo occidentale di oggi, e per l’Italia, già non messa bene, sarebbe un colpo ferale. Altro che PNRR. Sarebbe più probabile un “Prrrrr”, nel senso di pernacchia alla Totò.
La Sicilia va al voto per prima. E prima della Sicilia c’è Palermo, la mia città. Ed io prevedo che da qui, dall’ex Felicissima urbe, si trovi la pietra filosofale della politica.
Sono serissimo. Se a Palermo non vince un’idea di politica differente, europea, di contaminazione e di pluralismo, Palermo, la Sicilia, l’Italia non ne esce bene.
I campi li lascio ai coltivatori di patate. Nei miei alambicchi si distillano idee e visioni. I popolari europei, la famiglia politica più grande in Europa, e i socialisti si devono incontrare in nuove formule. Se non vogliono farsi cannibalizzare dal vento dell’Est che soffia, dall’Ucraina all’Ungheria. Il nazionalismo sfocia sempre, prima o poi, in qualcosa che puzza di nero. Sono nato nel ‘700 e ne ho viste tante di storie come questa nel Vecchio Continente.
Lo è, e lo è già stata. A Palermo nel 1946 è nata la norma prodomica alla Costituzione del 1948, lo Statuto Siciliano. A Palermo c’è il Parlamento più antico del mondo. A Palermo nacque la Rete di Leoluca Orlando che prefigurò la morte del partito Stato la DC, seppellito in circostanze mai chiarite del tutto da Tangentopoli. A Palermo ci furono le stragi di mafia che hanno decretato la fine della Prima Repubblica. E ribadisco a Palermo c’è un canuto signore che presiede e presiederà la Repubblica italiana. È nato qui, non a Vimercate o a Sora.
E allora? Dopo lo Stupor Mundi noi a Palermo non ci stupiamo più di niente.
Musumeci è un brav’uomo, punto. Oggi occorre altro. E poi, fatevelo dire da uno che ha attraversato i secoli, in Sicilia non ci sono bis, noi non amiamo, dopo Federico II, coloro che vogliono regnare. Tolleriamo per un poco coloro che vogliono governare. E di governo delle cose si è visto poco o nulla.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo