CATANIA – “Bisogna riaprire subito le attività che sono in grado di farlo. Perché alcune non avrebbero più clienti e – riaprendo – non potrebbero più nemmeno contare su sussidi e agevolazioni”. A dirlo è Venerando Faro, cavaliere del lavoro che – in un’intervista al QdS – spiega come sia difficile resistere ai tempi del Coronavirus.
Le restrizioni imposte dalle misure del Governo, atte al contenimento della diffusione del Coronavirus, potrebbero potenzialmente aver impoverito non solo l’equilibrio interno delle imprese – costrette perlopiù a rimanere chiuse e a mettere in Cassa Integrazione i loro dipendenti – ma anche le tasche dei comuni cittadini. E ripartire potrebbe non essere così semplice, nemmeno in una seconda o terza fase.
“Occorre che si riaprano le attività in grado di favorire l’economia del Paese, ovviamente con gli adeguati dispositivi di protezione individuale e con tutte le altre misure di sicurezza. Ma esistono attività per le quali – al momento – la riapertura sarebbe inutile, come quelle del settore turistico. E trovare una soluzione adeguata a tutte le eventualità non è impresa facile”, ha chiosato Venerando Faro.
La sua personale esperienza nel settore florovivaistico rappresenterebbe la prova emblematica di queste affermazioni: “Le attività di garden sono aperte, ma chi davvero si reca nei negozi con tutte le restrizioni che ci sono? La gente ha paura, quindi tende a rimanere in casa per preservare la propria salute. Ed è anche incline al risparmio, dato il clima di incertezza generale – ha continuato Faro -. È difficile – e probabilmente impossibile – trovare una ricetta perfetta per uscire indenni dall’impasse. Ciò che appare chiaro è quanto si aumenti la difficoltà della ripartenza se non si fanno ripartire le attività tutte insieme. Infatti, anche far ripartire soltanto le attività produttive, senza riaprire quelle di vendita al dettaglio, potrebbe non risolvere nulla e anzi appesantire ulteriormente le tasche dei fornitori. Chi può riaprire, continua a non incassare, ma deve rinunciare alle agevolazioni del caso”.
Il cavaliere non rinuncia a offrire i propri suggerimenti per “arginare il danno” e favorire non solo le piccole e medie imprese, ma tutta la cittadinanza: “Per risollevare l’economia del Paese non bastano i sussidi. È eticamente corretto garantire un supporto a chi non può lavorare, ma deve ugualmente sfamare la propria famiglia; ma non è pensabile affrontare definitivamente la questione solo ipotizzando un reddito di cittadinanza più esteso. L’economia del Paese non si rinfranca aiutando la popolazione nella sopravvivenza, senza metterla nelle condizioni di produrre. Allora, serve intanto creare nuovi posti di lavoro, sbloccando i cantieri e finanziando nuove opere pubbliche”.
I finanziamenti pubblici in grado di sviluppare l’occupazione devono essere supportati – secondo l’imprenditore – anche da una politica che possa agevolare tutti i soggetti in grado di assumere e retribuire altri cittadini: “Se è utopistico pensare di sospendere a tempo indeterminato i contributi – visto che lo Stato li necessita – si potrebbe almeno pensare di sospenderli per i primi 6 mesi dalla ripartenza e reintegrarli gradualmente. In modo che gli imprenditori possano essere aiutati a garantire la retribuzione dei loro dipendenti”.