Sanità

Coronavirus, anziani, nella Rsa settemila morti


Il 40,2% dei deceduti nelle Rsa dall’inizio di febbraio era positivo al Covid-19 o aveva sintomi compatibili con la malattia.

Lo afferma il report dell’Istituto Superiore di Sanità, di cui è stato pubblicato il terzo aggiornamento, su un campione di circa mille strutture in cui sono stati riscontrati quasi settemila morti.

Secondo i dati del rapporto, il tasso di mortalità fra i residenti, considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è del 3,3%, ma sale fino al 6,7% in Lombardia: Bergamo è la provincia più colpita, con una mortalità che supera il 18%, seguita da Reggio Emilia e Lodi. La percentuale più alta dei decessi, circa il 36% del totale, si è avuta nel periodo tra il 16 e il 31 marzo, riporta la survey.

I decessi, ha spiegato Graziano Onder, uno dei curatori, corrispondono a circa il 7% del numero complessivo degli anziani residenti nelle Rsa, calcolato in oltre 80.000. Di questi, la maggior parte si trova nel Nord Italia e solo un migliaio sono risultati positivi al nuovo coronavirus, la maggioranza dei quali in marzo.

“Delle 1.018 strutture che hanno risposto – si legge nel documento -, 842 (82,7%) hanno riportato la mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale, mentre 203 (19,9%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione. Inoltre, 105 (10,3%) strutture segnalano una mancanza di farmaci, 335 (32,9%)l’assenza di personale sanitario e 111 (10,9%) difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere”.

“Infine – conclude il rapporto -, 260 strutture (25,5%) dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19, e 143 hanno indicato l’impossibilità nel far eseguire i tamponi”.