Sanità

Coronavirus, “Denuncia Day” a Bergamo, prime 50 denunce ai pm

BERGAMO – è il “Denuncia Day” a Bergamo: decine di rappresentanti del comitato “Noi denunceremo – verità e giustizia per le vittime del Covid-19” che su Facebook conta 55 mila iscrizioni, sono riunite in piazza Dante, davanti alla sede della Procura orobica, per un’iniziativa dall’alto valore simbolico: la consegna ai magistrati delle prime 50 denunce, su un totale di circa 200, presentate dai familiari delle persone stroncate dal Coronavirus. Obiettivo dell’iniziativa è individuare i responsabili delle migliaia di decessi avvenuti nella Bergamasca e soprattutto in alcuni comuni della Bassa Valseriana, come Nembro e Alzano Lombardo, nella fase più acuta dell’emergenza. E, dunque, ottenere giustizia.

L’avvocato Consuelo Lonati, legale del comitato, ha già consegnato ai magistrati una chiavetta Usb con le prime denunce.
Ma è anche previsto un momento simbolico: ciascuno dei familiari delle vittime entrerà in procura formalizzando la propria denuncia alla polizia giudiziaria. La procura di Bergamo ha già da tempo avviato un’indagine per epidemia colposa. Tre, in particolare, i fronti dell’inchiesta coordinata dal procuratore facente funzione Maria Cristina Rota: le morti nelle Rsa della zona, la gestione del pronto soccorso di Alzano Lombardo nella fase iniziale della pandemia e la mancata istituzione di una zona rossa nell’area di Alzano Lombardo e Nembro nella fase iniziale della pandemia.
“Cercare la verità su quello che è accaduto in Lombardia per poter identificare i responsabili e avere giustizia”. Così Luca Fusco, presidente del Comitato “Noi denunceremo – verità e giustizia per le vittime del Covid-19” ha illustrato il senso del “Denuncia Day”, l’inziativa che vede decine di parenti dei morti per Coronavirus riuniti davanti alla procura di Bergamo per consegnare ai magistrati le loro denunce.
“Oggi presentiamo le prime 50 denunce che siamo riusciti a preparare. Siamo tutti volontari e abbiamo bisogno di tempo. Abbiamo ancora 150 denunce da elaborare che saranno presentate al più presto”. Sono tutte denunce “contro ignoti”, ha precisato il presidente del Comitato delle vittime: “Non puntiamo il dito contro nessuno, raccontiamo ciò che è successo. Poi sarà la procura, con tranquillità e serenità, a individuare ipotesi di reato. Sarà un’indagine lunga e difficile”. Fusco si è comunque detto convinto che le responsabilità di quanto accaduto riguardino soprattutto il mondo politico: “La prima è quella di non aver chiuso la Valseriana quando doveva essere chiusa, cioè il 23 febbraio, lasciando trascorrere 15 criminali giorni fino all’8 marzo, cioè quando la Regione Lombardia è diventata zona arancione. Per 15 giorni noi bergamaschi abbiamo viaggiato, lavorato, bevuto il caffè e fatto gli aperitivi. A quel punto il virus ha circolato senza problemi.
Se ci fosse stata la chiusura tempestiva della zona rossa nella provincia di Bergamo, forse non avremmo dovuto chiudere tutta la Lombardia. E probabilmente avremmo evitato il lockdown italiano”.
L’inchiesta Bergamasca, secondo l’avvocato Lonati, sarà lunga e complicata: “I tempi sono sicuramente quelli dettati dalla giustizia e da tutte queste indagini che sono veramente complicate e devono essere approfondite. Ci aspettiamo e confidiamo che portino a ravvisare qualche responsabilità e al rinvio a giudizio di determinate persone”.