Consumo

Coronavirus e rimborsi viaggi, che fare

PALERMO – Arrivata l’estate e la fase 3, sono ancora molti quelli che hanno deciso di non godere di vacanze estive in luoghi di villeggiatura in Italia o all’estero, a causa della pandemia ancora in corso. Viaggi spesso già prenotati lo scorso inverno, per i quali è stato sancito il diritto al rimborso senza alcun tipo di condizione. Contrariamente a quanto è stato fatto intendere, invece, da molti operatori del settore, che hanno spinto perché i clienti accettassero un voucher da spendere entro un certo lasso di tempo, presentato come unica opzione possibile.

“Il nostro consiglio è di far valere i propri diritti così come sanciti dal diritto dell’Unione Europea, dalla pronuncia dell’Antitrust e dalle indicazioni di Enac” – lo scrive con fermezza l’Aduc, Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori. Sarà possibile disdire tutto e richiedere il rimborso attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno o Pec di messa in mora all’operatore. Potrà farlo anche chi ha già accettato il voucher, qualora sia stato costretto dagli operatori a firmare una rinuncia al rimborso in denaro con la minaccia di perdere sia soldi che voucher.

Si tratta di un meccanismo che è stato avviato dalla legge italiana, che ha disposto che, per chi ha pagato un servizio turistico da effettuarsi nel periodo 23 febbraio-31 luglio, ma non ha potuto usufruirne a causa dell’emergenza sanitaria, le possibilità fossero il rimborso in denaro oppure con voucher valido un anno.

Il decreto legge “Cura Italia” lo prevedeva in forma ambigua sin dalla sua emanazione a marzo, distinguendo tra recesso del consumatore e annullamento da parte dell’operatore. Il Parlamento ha poi convertito in legge il decreto “Cura Italia” a fine aprile, eliminando ogni possibile ambiguità: decide l’operatore turistico in tutti i casi.

“Va da sé che, salvo rare eccezioni, gli operatori offrono solo voucher, con il rischio più che concreto di non poterlo utilizzare e quindi di perdere tutto – scrivono dall’Aduc, che ha subito contestato la norma – perché in contrasto con la normativa dell’Unione Europea, oltre che è impensabile far pagare la crisi del settore turistico ai clienti”.

Sulla base di quanto deciso, gli operatori turistici hanno offerto solo voucher, e “anche su questi molti di loro fanno la cresta – scrive sempre l’associazione dei consumatori – con diminuzioni del valore del voucher al netto di penali inventate; validità del voucher per periodi più limitati; obbligo di fruire del voucher solo per servizi con prezzi indicizzati al momento della fruizione, con conseguente obbligo di dover pagare altri soldi per fruirne”.

Tutto è cambiato quando la Commissione Ue ha deciso di far valere il diritto europeo lo scorso 15 maggio, per cui è stato imposto agli Stati membri, Italia inclusa, di adeguare le legislazioni alle norme comunitarie entro il 28 maggio, pena la procedura d’infrazione: la scelta tra rimborso in denaro e voucher è solo del viaggiatore. In Italia, di conseguenza, si è prima espresso l’autorità Antitrust, che ha rilevato come la normativa italiana viola quella comunitaria. E il 19 giugno è intervenuta l’Enac, l’Ente nazionale Aviazione Civile, per sostenere che, secondo loro, dal 3 giugno scorso le compagnie aeree non possono imporre i voucher come rimborso. Cosa deve fare il viaggiatore? Aduc è chiaro sull’argomento: “Il nostro consiglio è di far valere i propri diritti così come sanciti dal diritto Ue, che prevale sul diritto italiano, dalla pronuncia dell’Antitrust e dalle indicazioni di Enac”.