CATANIA – La pandemia coronavirus in corso sta producendo gli stessi effetti di un’ipotetica calamità naturale devastante, più o meno, dell’intero territorio italiano. È conseguenziale, quindi, che tutti i mezzi di comunicazione se ne occupino h 24 sul piano sanitario e statistico-sanitario.
L’attuale comunicazione sulla pandemia
Il giornalista è alla ricerca delle notizie sui dati giornalieri dei numeri di infettati, guariti e deceduti, elaborati per comuni, provincie e regioni; sono notizie gli effetti della pandemia oggi e lo saranno altresì le macerie del dopo “tsunami” pandemico.
La comunicazione h24 su cui si faceva cenno si basa su schemi omologati, e cioè:
– molti giornalisti vogliono fare il “fenomeno” sui citati dati che oggi fanno notizia;
– gli “scienziati”, ed è possibile che molti giornalisti siano prodighi nel presentare i loro ospiti come tali, fanno valutazioni ad effetto, mentre quelli che sono realmente uomini di scienza sono molto cauti in attesa che la ricerca scientifica giunga a delle certezze.
– accenni sommari ai fatti di cronaca nazionale che, invece, andrebbero letti con molta attenzione anche sul piano sociale ed economico.
La conclusione di queste prime valutazioni sulla comunicazione che è possibile migliorarla ed implementarla sul piano socio-economico e infine politico, soltanto dopo che la ricerca accerti se il “virus” è naturale oppure è il frutto di bio-ingegneria di qualche laboratorio anche militare.
Il dopo dello tsunami pandemico nel mondo e a Catania
Il mondo dopo lo tsunami pandemico sarà certamente diverso sul piano politico, sociale, economico. È possibile che sarà diverso anche “l’uomo del dopo” nelle sue abitudini, etc. etc.
Gli intellettuali di diversi saperi dovrebbero fin d’adesso occuparsi del dopo.
In questo scenario futuro planetario, in quest’articolo ci si sofferma su una parte infinitesimale cioè Catania ed il suo sistema economico-produttivo.
Catania fa parte dell’Italia, e questa dell’Europa, e quest’ultima dell’Occidente e così via.
Occuparsi di Catania non significa non tenere conto dei collegamenti socio-economici dei territori, bensì tentare di occuparsi di realtà locali conosciute perché vissute.
L’evento va contestualizzato anche temporalmente. Il recente default del Comune di Catania non significa soltanto l’accertamento dello squilibrio economico-finanziario delle entrate/uscite dell’Ente Comune bensì anche il fallimento del modello di sviluppo del comprensorio.
Abbandoniamo le frasi fatte: Catania la Milano del Sud, Catania Etna Valley, etc., per stare con i piedi per terra.
Nel sistema Catania esistevano, e continuano ad esistere, alcune eccellenze evolute produttive che, tuttavia, non hanno caratterizzato il sistema economico-produttivo del comprensorio né riusciranno a farlo in futuro.
Sono eccellenze che vanno tutelate, sono utilissime per i valori che producono, per i posti di lavoro che offrono, ma da sole non basteranno.
Appena prima della pandemia il sistema Catania si caratterizzava:
– per i fallimenti di attività industriali e commerciali che hanno determinato la perdita di circa 4000 posti di lavoro nell’arco di poco più di un anno;
– per i dati molto positivi dei flussi turistici annuali ad incremento delle presenze molto modeste di circa 1.000.000 per l’intera provincia;
– per il settore della logistica e dei trasporti in notevole espansione nei valori e nella qualità dei servizi.
– per il progetto di implementazione del porto di Catania per renderlo centrale nel Mediterraneo dopo l’ampliamento del Canale di Suez;
– per la vivacità di Catania con i progetti di creare attrattori di flussi turistici ed economici.
A conclusione dello tsunami pandemico, in prospettiva di medio periodo i progetti potranno essere avviati e realizzati considerando, però, le macerie che vi saranno.
Le soluzioni di evitare i contatti per combattere il virus hanno determinato la perdita di alcuni mesi di consumi in una città in cui il terziario ed il lavoro nero hanno prodotto la ricchezza sufficiente per garantire la pace sociale.
Gli ammortizzatori sociali che il Governo, con varie modalità, ha in programma di proporre sono, comunque, provvedimenti provvisori che contribuiscono anche a produrre significativi incrementi del debito pubblico.
In questo scenario, certamente negativo, per il comprensorio di Catania, la proposta immediata di intervento possibile, senza pensare al libro dei sogni, deve basarsi su:
– garanzie pubbliche attraverso il medio credito centrale per favorire la concessione del credito per fare ripartire le imprese magari aumentando la quota di garanzia dall’80% al 90%, ed imponendo al sistema bancario nazionale regole molto elastiche di concessione del credito graduate per importo.
In questa ipotesi il rischio per le banche sarebbe limitato al 10% dell’importo erogato; percentuale questa integralmente coperta dalle condizioni applicate al prestito, in caso di insolvenza del debitore.
La massificazione dei crediti d’imposta da calcolarsi sugli investimenti in beni strumentali nonché sugli incrementi di valori mobiliari, quali ad esempio l’aumento dei crediti verso clienti e le giacenze di magazzino.
I crediti d’imposta sugli investimenti ma anche sui citati valori mobiliari producono effetti di volano di economia, mentre l’interesse per i contribuenti di allineare il valore delle giacenze a quello reale per godere dei crediti d’imposta, farebbe emergere imponibili da assoggettare, in futuro, a tassazione con conseguenziale ritorno di fiscalità, per lo Stato, compensativo dell’importo di tale credito d’imposta.
Si ipotizzano questi rimedi economico-finanziari in quanto si ritiene di escludere altri piani “Marshall”, o similari.
L’aumento della spesa pubblica col conseguenziale aumento del debito pubblico, corona-obbligazioni, magari per coprire il costo del reddito universale sarebbe altra rapina della nostra generazione a quella, anzi, a quelle future.
Per fare ripartire l’economia, anche a Catania, inventiamo operazioni di finanza innovativa, in mancanza, appunto, di nuovi piani Marshall.
Antonio Pogliese
Studio Pogliese – Catania