MAZARA DEL VALLO – In città si sperimenta. Non è però ancora ben chiaro cosa. La crisi dei partiti? La nuova politica post ideologica? Gli interessi di parte o di bottega? O i progetti di prospettiva? C’è comunque un punto fermo: si vota tra qualche mese per eleggere il nuovo sindaco e il nuovo Consiglio comunale.
L’offerta elettorale è in via di composizione, ma si presenta già naif, fuori dagli schemi. A tratti, anche dirompente. Sì perché l’ex sindaco Nicola Cristaldi ci riprova con i suoi Futuristi che hanno già affascinato due consiglieri grillini in carica, ma anche un pezzo di Fratelli d’Italia e qualche rappresentante della sinistra. Cristaldi si presenta come l’usato sicuro – due volte sindaco della città, presidente dell’Ars, parlamentare nazionale e regionale, esponente storico della destra – che sa cosa fare e dove andare. Soprattutto dove portare una città che ha bisogno di una nuova identità. Non c’è destra, non c’è sinistra e quindi neanche centro. Solo obiettivi da raggiungere. E per quanto lo riguarda personalmente una storia di prestigio da mettere sul tavolo da gioco del prossimo voto.
C’è poi un esperimento in corso d’opera, meglio, in carne e ossa. È il sindaco uscente Salvatore Quinci. La sua linea è chiara: ho cambiato la città, datemi fiducia e continuerò a cambiarla. Nel 2019 era l’uomo nuovo, eletto da una coalizione civica a trazione progressista. Ma il suo percorso da amministratore è stato funambolico. C’è stata la fase politica con il Pd in Giunta, per esempio, poi una nuova fase civica ma con l’attenzione puntata verso pezzi di centrodestra, quelli più centristi e moderati. E ora, un colpo di scena. Ha convinto Fratelli d’Italia a lasciare la coalizione di centrodestra per sostenerlo nel tentativo di governare per altri cinque anni. In realtà ha convinto quella parte di destra che s’era già convinta e che lo ha sostenuto con soluzioni politiche di comodo mentre il partito ufficialmente era all’opposizione.
Quinci ci ha poi messo del suo aderendo, strada facendo, ad Azione e ottenendo pure il via libera di Italia viva. Come dire, qui a Mazara il Terzo Polo è vivo e vegeto con buona pace di Carlo Calenda e Matteo Renzi che hanno invece deciso di litigare: vola ancora qualche straccio tra i due, ma in città non fanno una piega. Le “civiche” storiche, quelle più vicine al primo cittadino, sono pronte alla nuova sfida elettorale e di conseguenza Quinci rimane il candidato da battere.
Il terzo “capitolo” della disfida mazarese rimanda al Pd. La sua linea politica? Sembra quella di fare di necessità virtù. I dem hanno impiegato mesi a costruire una coalizione progressista. Erano fiduciosi, pronti anche a lanciare uno dei loro nella mischia. Ed invece, i Cinque stelle si sono sciolti come neve al sole ed erano però uno dei punti di forza della costruenda coalizione. La sinistra, quella che ancora c’è, è rimasta allo stato liquido e il no di Azione e Iv era scontato. Che si fa? Si sono detti i dirigenti del Pd. La prima opzione, quella di perdere prima ancora di gareggiare è stata scartata in fretta. E allora un bel calcio alle appartenenze e alle ideologie e avanti tutta con la candidata sindaca del centrodestra moderato (Dc, Udc, Forza Italia e Mpa), che ha scelto di puntare su Vita Maria Ippolito.
Dal campo largo progressista a una dependance politica per sventolare comunque la bandiera democratica. Una coalizione del tipo: noi e loro e con la candidata a dover fare da mediatrice per mediare forse quello che sarà impossibile mediare. La formula dei separati in casa, che però si rispettano, aleggia sui due pezzi della coalizione Ippolito.
Ed i mazaresi? Si stanno dividendo in due categorie. Quella degli osservatori, a volte indifferenti, altre sconcertati, altre ancora incuriositi e l’altra dei rampanti, dei pronti al lancio, che s’informano sulle liste, sulle loro dinamiche interne per trovare la soluzione più facile per raggiungere la meta del seggio al consiglio comunale. Sono perfettamente adeguati agli schemi in campo e svolazzano da destra a sinistra, passando per il centro. Non è arrivato il momento di fermarsi perché l’opzione migliore non è ancora uscita dal cilindro del nuovo sistema politico cittadino.