Editoriale

La Corte costituzionale liberalizza i taxi

La recente sentenza della Corte costituzionale n. 137 del 2024 ha ulteriormente e definitivamente messo fine al privilegio dei tassisti sancendo il principio che le licenze (o concessioni) non possano essere limitate nella loro quantità e nel tempo. Si tratta di un principio già sancito tante volte dai Tribunali amministrativi e dal Consiglio di Stato del nostro Paese in esecuzione della direttiva europea del 2006, detta Bolkestein, e del principio che la concorrenza non possa essere violata da nessuno.
I governi Conte, Draghi, ora Meloni e tutti i precedenti hanno ignorato fin da quella data tale direttiva, pressati dalla lobby dei tassisti, cioè delle “auto bianche”, la quale ha lottato duramente affinché gli altri tassisti dell’Ncc (Noleggio con conducente) non fossero abilitati a fare il servizio nei comuni, riuscendovi.

Non solo, ma la lobby ha ulteriormente vinto fino a ieri impedendo che i Comuni rilasciassero altre licenze (o concessioni), in modo da stabilire un giusto quoziente medio di livello europeo fra abitanti delle città e taxi in circolazione.

Cosicché ora il Governo è costretto a provvedere legislativamente a rendere competitivo e concorrenziale tutto il settore, per cui – se non vi saranno ulteriori remore e dilazioni – entro qualche mese tutte le città, a partire da Roma, potranno emettere migliaia di concessioni. Con quest’atto si otterrebbero due risultati positivi: il primo, dare lavoro a migliaia e migliaia di nuovi tassisti, con un positivo intervento per l’occupazione e l’economia (l’acquisto di molte auto); secondo, più importante del primo, consentire ai/alle cittadini/e di trovare i taxi nei parcheggi o nelle vie della città senza bisogno di aspettare ore, come avviene nelle stazioni di Roma, Milano e di altre importanti città.

La questione della concorrenza è una fra quelle più importanti d’Europa, tanto che viene nominato un commissario ad hoc che ha una rilevante funzione. Per esempio, la commissaria Margrethe Vestager ha visionato con meticolosità l’accordo per l’incorporazione di Ita Airways in Lufthansa, limitando fortemente le concentrazioni e gli slot che le due società hanno dovuto cedere per avere il consenso della commissaria europea, ormai in uscita.

La concorrenza, è noto, è al servizio dei/delle cittadini/e perché fa diminuire i prezzi ed aumentare la qualità dei servizi e dei prodotti. Quando viene impedita, il danno per quest’ultimi/e è evidente e quindi per contrapposizione il vantaggio per chi utilizza monopoli o oligopoli è altrettanto evidente.
Questa sentenza della Corte costituzionale fa il paio con l’altra di qualche tempo fa che ha condiviso, anche in questo caso, le sentenze del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi in materia di concessioni dei litorali.

Sulla materia siamo più volte intervenuti e quindi evitiamo di farlo anche questa volta; come peraltro siamo intervenuti su un terzo settore che ancora non ha subito gli effetti benefici della concorrenza, che è quello dei territori assegnati ai mercati rionali dei comuni, i cui spazi vengono dati sempre agli stessi concessionari senza essere messi all’asta pubblica.
Ma l’Italia, si sa, come diceva il caro e non dimenticato Enzo Biagi: “È la patria del diritto… e del rovescio”.

Concorrenza invocata, ma contrastata dai gruppi di potere, i quali ovviamente cercano di mettersi d’accordo in quello che viene chiamato oligopolio in modo da fissare prezzi e condizioni più elevati di quelli che vi sarebbero in uno stato di concorrenza, in modo da realizzare guadagni illeciti perché riguardano l’espropriazione della ricchezza dei/delle cittadini/e, che viene trasferita appunto nelle casse di tali oligopolisti.

Un Esecutivo serio, che si ricordasse di dover governare in base ai principi costituzionali di equità, non dovrebbe mai essere schiavo delle lobby, ma agire ed operare ricordandosi che i veri mandatari sono i/le cittadini/e e non questo o quello.

Nelle Pubbliche amministrazioni esiste un monopolio occulto ed è quello dei capi di gabinetto, di ministri e di assessori regionali e comunali, i quali fanno e disfano in barba al principio della trasparenza e della concorrenza. Sì, perché quando la scena è chiusa dal sipario, quello che c’è dietro le quinte gli spettatori non lo vedono e restano ignari come i/le cittadini/e, che non sanno.