Palermo

Così il clan di Borgo Vecchio esercitava il proprio potere

PALERMO – Un duro colpo inferto dai Carabinieri alla criminalità organizzata operante nel capoluogo siciliano. Il blitz dei militari dell’Arma ha colpito il mandamento mafioso di Porta Nuova e, in particolare, la famiglia di Borgo Vecchio.

Ieri mattina, su delega dalla Procura distrettuale Antimafia di Palermo, i Carabinieri hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 indagati (uno in carcere, undici ai domiciliari e due obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria), ritenuti a vario titolo responsabili di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione ed estorsioni consumate e tentate, tutti reati aggravati dal metodo mafioso, e sfruttamento della prostituzione.

L’indagine, coordinata da un gruppo di sostituti diretti dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta in maniera parallela e sinergica dal Nucleo investigativo e dal Nucleo informativo dei Carabinieri di Palermo sul mandamento mafioso di Porta Nuova e, in particolare, sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. Una prima fase dell’operazione, conclusa con l’esecuzione dei fermi di indiziati di delitto del 12 ottobre 2020, aveva permesso di individuare Angelo Monti quale il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. Monti si era reso protagonista della riorganizzazione degli assetti di quella famiglia, affidando posizioni direttive ai suoi uomini di fiducia, quali il fratello Girolamo, Giuseppe Gambino, Salvatore Guarino e Jari Massimiliano Ingarao.

In questa prima fase era emersa la ribellione al pizzo di molti imprenditori e commercianti che, in maniera massiccia, avevano collaborato con le autorità e contribuito a far arrestate i loro estortori. Nel secondo troncone dell’indagine, sottolineano gli investigatori, “emergono alcuni reati fine dell’associazione che, in tema di esercizio del potere mafioso e di controllo capillare del territorio, connotano plasticamente la pervicacia e l’aggressività della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio”.

I mafiosi “continuano a rivendicare, con resilienza, una specifica ‘funzione sociale’, attraverso alcune manifestazioni tipiche della loro protervia criminale, come la gestione delle feste rionali, l’organizzazione dei traffici di stupefacenti e la gestione di alcuni gruppi criminali dediti ai furti di veicoli e ai conseguenti cavalli di ritorno”.

La famiglia di Borgo Vecchio, infatti, gestiva un florido traffico di sostanze stupefacenti. I Carabinieri hanno portato alla luce i ruoli dei singoli associati, i dettagli organizzativi, la contabilizzazione degli investimenti e dei ricavi, nonché l’afflusso di denaro nella cassa della famiglia mafiosa. In particolare, Angelo Monti aveva delegato al nipote, Jari Massimiliano Ingarao, l’intero settore delle attività illecite legate alle sostanze stupefacenti. Quest’ultimo, nonostante fosse sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, è riuscito a organizzare e coordinare tutte le attività funzionali al traffico, reperendo le sostanze stupefacenti, principalmente sul canale di fornitura con la Campania, e rifornendo le varie piazze di spaccio del quartiere.

Il controllo del clan era esercitato, come detto, anche sui ladri di biciclette e motocicli, che dovevano non soltanto ottenere una sorta di “autorizzazione” per i furti, ma anche destinare al sodalizio mafioso una parte dei proventi della ricettazione o della restituzione ai legittimi proprietari con il metodo del cavallo di ritorno.

Le indagini hanno anche portato alla luce ingerenze di alcuni esponenti mafiosi palermitani nella risoluzione di alcune controversie sorte all’interno dei gruppi organizzati della tifoseria della squadra di calcio del Palermo.