Covid 19 e dipendenze patologiche, isolamento sociale dettato da necessità di ordine sanitario, in relazione anche alla recrudescenza dei contagi da Coronavirus: due elementi interconnessi che rendono complessa la guarigione dalla malattia costituita dalle dipendenze da sostanze e virtuali.
Quali problemi nello specifico hanno affrontato e affrontano i pazienti e le famiglie in questo periodo di restrizioni, a partire dall’ultimo Dpcm entrato in vigore ieri fino ad arrivare al moltiplicarsi delle ordinanze regionali configuranti mini-lockdown “localizzati”?
Ne abbiamo parlato con Giuseppe Mustile, medico ed esponente FeDerSerD, Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze.
Dottor Mustile, quanto l’isolamento a cui siamo soggetti in questo periodo di risalita dei contagi può aggravare le dipendenze patologiche?
“A mio avviso l’isolamento ha favorito in modo inaspettato e maggiore anche delle previsioni peggiori degli specialisti, le dipendenze in genere, sia quelle da sostanza che quelle senza sostanza. Lo spaccio è da considerarsi un’attività commerciale a tutti gli effetti, soprattutto con la cocaina ed il crack che hanno fatto affari milionari durante i mesi di lockdown. È un’emergenza non solo della nostra regione o di un territorio rispetto a un altro, ma di un intero sistema che ha smarrito gli anticorpi contro le dipendenze”.
La gestione dei soggetti patologici che cambiamenti sta subendo, secondo lei, in epoca pandemica?
“Indubbiamente la gestione dei soggetti patologici è complessa come non mai, essendosi persa la continuità terapeutica, assistiamo a una diffidenza verso i servizi da parte dei pazienti e a un disagio dovuto al distanziamento fisico necessario durante le sessioni di terapia, nella misura in cui i pazienti erano abituati a un counseling più serrato e a un rapporto umano più stretto, complice la vicinanza fisica. Ciò si è tradotto in un peggioramento delle condizioni generali di molti pazienti, in particolare di quelli più fragili che non riescono ad affrancarsi da una struttura terapeutica. Non dimentichiamo poi i disagi di molti operatori, vittime di disorientamenti e smarrimenti”
Quale il ruolo delle famiglie in questa gestione caratterizzata da criticità legate al Covid?
“Relativamente alle famiglie posso dire che si sta assistendo a una rinnovata alleanza tra famiglia e servizi: questo è un aspetto importante, visto che la lotta contro le dipendenze deve essere una lotta di un’intera comunità, non solo una lotta di servizio. Non posso negare che le famiglie siano state molto provate in questi mesi, per cui si può parlare di un peggioramento delle condizioni fisiche e psichiche di chi lotta quotidianamente contro quel Cancro chiamato Dipendenza patologica”.
Una lotta di Comunità a beneficio dei più fragili e indifesi, per cui il concetto di futuro dettato dal benessere è un orizzonte alquanto arduo da intravedere, e che perciò necessitano di supporti professionali, il più possibile contrassegnati dall’efficacia terapeutica, anche in tempi di crisi.
Angela Ganci