Anche l’Italia può contare sul suo farmaco anti-covid.
Dopo gli Stati Uniti, e qualche settimana fa la Germania, via libera dal ministro della Salute, Roberto Speranza, alla distribuzione, in via straordinaria, degli anticorpi monoclonali.
Il Ministro ha annunciato infatti di aver firmato un decreto ad hoc “sulla base delle indicazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco e del parere del Consiglio Superiore di Sanità” così, insieme ai vaccini “abbiamo, una possibilità in più per contrastare il covid 19”.
Annuncio che mette il sigillo all’accelerazione impressa in questi ultimi giorni dallo stesso ministro, scrivendo l’inizio di un nuovo percorso di lotta al virus e superando così le polemiche sui ritardi che aveva pesato sullo sblocco di questi farmaci.
Gli anticorpi monoclonali sono ritenuti una delle più promettenti armi contro il covid-19 e sono stati utilizzati anche dall’ex presidente Usa, Donald Trump.
Come il plasma, sono anticorpi esogeni ovvero sostituiscono quelli prodotti dall’individuo stesso in seguito all’esposizione al virus o al vaccino.
Diversamente dal plasma, però, consentono di industrializzare il processo produttivo.
L’Aifa ripercorre nell’incipit del proprio parere, l’iter che era stato chiesto alle due aziende per produrre i dati necessari al parere stesso.
Due gli anticorpi monoclonali che il 3 febbraio avevano ricevuto il via libera, quelli prodotti da Regeneron e Eli Lilly.
Già nei giorni scorsi, il presidente dell’Aifa Giorgio Palù aveva definito tali terapie come “salvavita” e il dg Nicola Magrini aveva comunicato che il Governo ha individuato un fondo per questi farmaci, garantendo così una disponibilità per coprire “diverse decine di migliaia di pazienti”.
In merito all’efficacia, nel caso del bamlanivimab ed etesevimab di Eli Lilly, il trattamento riduce il rischio di ospedalizzazione e morte del 70% in pazienti ad alto rischio, come hanno dimostrato i risultati della sperimentazione di Fase 3 presentati dall’azienda lo scorso 26 gennaio.
Nel parere pubblicato ieri, la Commissione tecnico scientifica dell’Aifa, ha ritenuto “a maggioranza, che in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, possa essere opportuno offrire comunque un’opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur con malattia lieve/moderata, risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di covid-19” pur considerando, scrivono gli esperti “l’immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all’entità del beneficio offerto”.
Viene sottolineato inoltre che gli anticorpi monoclonali “non possono essere attualmente considerati uno standard di cura”.
Queste terapie vengono somministrate per infusione endovenosa da effettuarsi, indicano gli esperti Aifa, in un tempo di sessanta minuti (seguiti da altri sessanta minuti di osservazione) e “in setting che consentano una pronta e appropriata gestione di eventuali reazioni avverse gravi”.
La popolazione candidabile al trattamento con gli anticorpi monoclonali, evidenzia il parere della Cts Aifa, dovrà essere rappresentata “unicamente da soggetti di età maggiore di 12 anni, positivi per Sars-CoV-2, non ospedalizzati per covid-19, non in ossigenoterapia, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza (e comunque da non oltre dieci giorni) e presenza di almeno uno dei fattori di rischio (o due se uno di essi è l’età, over 65)” come Malattia renale cronica, Diabete non controllato, Immunodeficienze.
La scelta in merito alle “modalità di prescrizione degli anticorpi monoclonali, come pure la definizione degli specifici aspetti organizzativi, potrà essere lasciata alle singole Regioni”.
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, subito dopo l’ok di Aifa, ha dato disponibilità all’uso.