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Covid, allarme a Catania, ha l’incidenza più alta in Italia

Catania è la provincia che attualmente ha la più alta incidenza Covid in Italia. E continua a frenare in Italia la discesa dei contagi, dal livello provinciale a quello nazionale, e da quattro settimane si fanno meno test: è il quadro che emerge dall’analisi dei dati dell’epidemia di Covid-19 in Italia condotta dal matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac).

“Dall’analisi si rileva che continua la già osservata frenata della discesa del contagio”, osserva l’esperto, e che “è in atto da quattro settimane la diminuzione del testing, il cui contributo principale non risulta essere la diminuzione dell’incidenza dei positivi”.

La curva della percentuale dei positivi ai test molecolari, calcolata sulla base dei dati delle 14 regioni e province autonome che forniscono separatamente i positivi ai test molecolari e antigenici, mostra che “negli ultimi sette giorni c’è un eccesso statisticamente significativo dei valori dalla base del trend lineare, rispetto al difetto dei sette giorni precedenti”.

I valori attuali stimati della percentuale sono 6,5% per la Calabria, seguita da Valle D’Aosta (5%), provincia autonoma di Bolzano (4.5%), Campania, Piemonte e Puglia, tutte al 4%, Emilia Romagna e Lazio (2.5%), Lombardia, Sardegna, Toscana e provincia autonoma di Trento, tutte al 2%, Veneto (1.5%) e Friuli Venezia Giulia (0.5%).

La frenata è visibile anche a livello provinciale: sulla base degli unici dati disponibili a livello pubblico, ossia quelli sull’incidenza dei positivi cumulati su entrambi i tipi di test, circa la metà delle province mostra segni di frenata e in 13 di esse l’incidenza negli ultimi 7 giorni è superiore a 40 casi su 100.000 abitanti.

A registrare l’incidenza più alta è Catania, con 76 casi su 100.000 abitanti, seguita da Vibo Valentia (63), Forlì-Cesena (58), Reggio di Calabria (56), Ragusa (55), Sondrio (54), Brindisi (49), Cosenza, Agrigento e Avellino (42), Enna (41), Vercelli e Benevento (40).

L’analisi di Sebastiani indica inoltre che “il valore medio del numero dei test molecolari al giorno è stato stabile fino a cinque settimane fa, quando da circa 160.000 è poi sceso a 140.000, 125.000 e 115.000, ed è stato circa 90.000 nei primi cinque giorni dell’ultima settimana.

“Non si osserva correlazione tra incidenza di positivi nelle diverse regioni e corrispondente numero di test, entrambi rapportati alla popolazione”, rileva il matematico.

Inoltre, delle tre regioni al momento bianche, il Molise e la Sardegna sono al quartultimo e all’ultimo posto per numero di test in rapporto alla popolazione; il Friuli è invece al primo posto ed ha anche la percentuale di positivi ai test molecolari più bassa in Italia: “dovrebbe essere l’esempio da seguire”, osserva Sebastiani.

“Ritengo che la strategia corrente nella maggioranza delle regioni – prosegue il matematico – non sia coerente con un ‘rischio calcolato’, come è invece quella adottata nel Regno Unito, che ha un’incidenza del 20% inferiore a quella italiana, dove il numero di test rapportato alla popolazione è 3-4 volte quello del nostro Paese e dove si effettua anche in modo massiccio il sequenziamento delle varianti, che al momento costituiscono una delle incognite maggiori sull’evoluzione futura dell’epidemia”.

Per Sebastiani “è evidente che questa situazione in Italia, tutt’altro che ideale, è resa possibile dal recente cambiamento del criterio di assegnazione dei colori alle regioni e province autonome, fortemente basato sull’incidenza dei positivi e senza la presenza di una soglia minima dei test a settimana per 100.000 abitanti”.