Sanità

Covid, arriva la versione “long” e colpisce le donne

Le donne sembrano avere il doppio delle probabilità di sviluppare sintomi prolungati del Covid rispetto agli uomini, ma solo fino ai sessant’anni, poi il livello di rischio diventa simile.

Lo si apprende da un approfondimento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

Anche l’età avanzata e un indice di massa corporea più alto sembrano essere fattori di rischio per il long covid, ma “recentemente, la persistenza di sintomatologia in seguito alla diagnosi iniziale di covid-19 acuto è stata dimostrata anche in età pediatrica”.

Simile ad alcune sindromi post-infettive che hanno seguito i focolai di Chikungunya ed Ebola, il Long Covid è caratterizzato da un serie di sintomi che persistono per più di due mesi oltre il normale periodo di convalescenza, come stanchezza persistente, mal di testa, mancanza di respiro, perdita dell’olfatto, debolezza muscolare, febbre, tachicardia, disturbi intestinali e rash cutanei.

Su questa condizione, precisano gli esperti Iss, “esistono pochi dati, divisi per sesso, sull’incidenza e solo sulla popolazione adulta”.

Rispetto ai fattori responsabili di questa sindrome una reazione autoimmune indotta dal virus stesso.

Il coronavirus, infatti, “potrebbe presentare alcune similitudini con componenti dell’organismo (mimetismo molecolare) e far quindi generare anticorpi che possono reagire anche contro i nostri organi o tessuti provocando le manifestazioni descritte.

“L’ipotesi autoimmune – conclude l’Iss – potrebbe giustificare la più elevata incidenza di questa sindrome nel sesso femminile”.

Infatti, la risposta immune è in genere più forte nelle donne e determina negli uomini forme più gravi di malattia ma nelle donne più frequenti reazioni autoimmuni.