“A prescindere dalla reale finalizzazione delle continue falsificazioni sui dati rispetto al raggiungimento di specifici obiettivi di carattere politico ed economico, che merita senz’altro un doveroso approfondimento investigativo, gli atti d’indagine svelano uno scenario desolante”.
Così scrive nel suo provvedimento il Gip di Palermo, che, dopo il trasferimento dell’inchiesta da Trapani, è stato chiamato a rinnovare la misura cautelare disposta, tra gli altri, per la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti, indagata per i falsi dati sulla pandemia comunicati dall’assessorato regionale alla Salute all’Istituto di Sanità, allora guidato da Ruggero Razza, poi dimessosi e indagato nella stessa inchiesta.
Il Gip parla anche della “assoluta superficialità” e di una “approssimazione, ben lontana dagli standard di professionalità richiesti per l’elaborazione di dati corretti e di qualità, venivano gestiti dati tanto significativi per il monitoraggio della pandemia”.
“Le comprensibili e oggettive difficoltà connesse al generale funzionamento del sistema di rilevazione dei dati, evidenziate nelle memorie difensive e da tutti gli indagati nel corso dell’interrogatorio, – prosegue il giudice – certamente non potevano essere arginate nel modo in cui è stato fatto e non consentono di elidere la gravità del quadro indiziario a loro carico”.
Il Gip palermitano ha revocato ieri domiciliari a Maria Letizia Di Liberti, ritenendo però “sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per i tre indagati per i quali erano stati disposti i domiciliari”.
La misura è stata sostituita per Maria Letizia Di Liberti e per l’altro funzionario arrestato, Salvatore Cusimano, con la sospensione dal servizio per un anno.
Il terzo indagato, Emilio Madonia, dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati, torna libero senza alcun provvedimento cautelare.