Sanità

Covid, la nuova ipotesi sul “salto” agli umani e i sospetti sul cane procione

Continuano le indagini per ricostruire le prime fasi della pandemia da Coronavirus e, soprattutto, le origini del Covid: in questo momento l’attenzione degli esperti è su un animale, un cane procione, che potrebbe essere stato l'”ospite intermedio” del virus in grado di rendere più veloce il “salto” alla specie umana.

A distanza di 3 anni emerge quindi una nuova teoria sulla diffusione del virus. E ad aiutare gli esperti nella ricostruzione potrebbero essere i campioni caricati su un database internazionale da esperti cinesi e poi rimossi.

Ecco i dettagli emersi dalle parole del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante il briefing odierno con la stampa. L’Oms ha richiesto in quest’occasione maggiore trasparenza, condivisione e collaborazione alla Cina.

Covid, le indagini e i sospetti sui cane procione

I dati citati da Tedros Adhanom Ghebreyesus sarebbero dei campioni prelevati da un mercato di Wuhan, la prima metropoli cinese travolta da Covid. L’ipotesi è che possa esserci un collegamento tra quei dati e i cani procione in vendita proprio in quel territorio e che proprio da un animale infetto sia partita la pandemia.

Nel momento di chiusura del mercato di Wuhan, gli animali erano stati eliminati dalla struttura. Tuttavia, i ricercatori – tamponando pavimenti, gabbie e carrelli – avrebbero trovato il virus e del materiale genetico riconducibile a degli animali, in particolare a dei cani procione.

Lo studio cinese del 2022

Su Covid e cani procione esiste anche uno studio cinese risalente a febbraio 2022. Tuttavia, nel report si suggerisce che i campioni erano positivi al Covid, ma anche che il virus aveva avuto origine da persone infette in giro per il mercato e non dagli animali venduti.

A un certo punto quegli stessi ricercatori, inclusi alcuni affiliati al Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, hanno inviato i dati grezzi dei tamponi all’archivio di sequenze virali Gisaid. Il 4 marzo la biologa evoluzionista francese Florence Débarre avrebbe notato più sequenze nei campioni di database. “Almeno in uno di questi campioni c’era molto acido nucleico di cane procione, insieme all’acido nucleico del virus”, avrebbe riportato Stephen Goldstein, virologo dell’Università dello Utah che ha lavorato all’analisi.

Da queste scoperte, quindi, il team internazionale avrebbe iniziato a lavorare su questa nuova ipotesi. Nonostante i nuovi dati non possano rispondere a tutte le domande sull’origine del virus, potrebbero fornire nuove chiavi di lettura delle prime fasi della pandemia e aiutare a scoprire il possibile “ospite intermedio” del virus prima del passaggio all’essere umano.

Immagine di repertorio