La pandemia inghiotte, nei primi sei mesi del 2020, più di 30.000 liberi professionisti, la cui attività lavorativa (specie nel caso delle donne) non ha saputo reggere all’impatto della diffusione del Coronavirus, in Italia, e delle restrizioni imposte per contenere il contagio.
E, a testimoniare la sofferenza del comparto dell’occupazione indipendente, ci sono le oltre 400.000 domande arrivate ad aprile dello scorso anno alle Casse di previdenza private per ottenere l’indennità da 600/1.000 euro, mentre, nel successivo mese di maggio, sono state quasi 5 milioni le istanze degli autonomi iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con
una percentuale di accoglimento che supera l’80%.
A delineare il quadro è il rapporto di Confprofessioni (la Confederazione che riunisce rappresentanti di diverse categorie, iscritti ad Ordini e Collegi), coordinato dal professor Paolo Feltrin, presentato oggi, secondo cui alle cifre del crollo del segmento non subordinato vanno aggiunti altri «170.000 lavoratori indipendenti» bloccati dal primo ‘lockdown’; maggiormente
funestati i settori produttivi legati a commercio, finanza e immobiliare, con un decremento di quasi il 14% nel primo trimestre del 2020, ma è andata male pure l’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%).
La metà dei circa 1,4 milioni di professionisti ‘ordinisticì risiede nel Nord della Penisola, e le dinamiche a livello territoriale mostrano come l’aumento delle attività socio-sanitarie interessi «in modo esplosivo il Nord (+60,3%)», mentre al Centro si conferma l’intensa crescita di quelle veterinarie e scientifiche (+50,2%) e socio-sanitarie (+43,3%)», si legge nel dossier.
Il sussidio da 600/1.000 euro, ha ammesso il viceministro dell’Economia Antonio Misiani, «non era sufficiente», però si è trattato di un aiuto «qualitativamente e quantitativamente importante», anche perché il Covid ha «reso necessario inventare ‘ex-novo degli strumenti di sostegno» verso un comparto che, al contrario della componente dipendente, è “sostanzialmente privo di una vera rete di protezione nei confronti di interruzione di attività e bruschi cali di reddito».
Intanto, s’è sfogato il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, al recente incontro governativo sul Recovery plan, con le parti sociali, «noi non siamo stati convocati». Fulminea la risposta di Misiani: la concertazione segue regole “un pò vecchie», le professioni «hanno il diritto ed il dovere di essere ascoltate».