Covid e viaggi non sembrano andare d’accordo. Prima le restrizioni per contenere il virus, adesso il rischio di essere contagiati e rimanere a casa, perdendo i soldi spesi per la propria vacanza. Ma quando è possibile ottenere il rimborso dei biglietti di aereo, treno, nave e bus? E dei pernottamenti in hotel?
A chiarire la questione è Maria Pisanò, direttore del Centro Europeo Consumatori Italia.
Crescono i contagi di Omicron 5 e un numero crescente di turisti è costretto a rinunciare alla vacanza prenotata e pagata con i propri risparmi. Ma cosa si può pretendere in questi casi?
“Uno dei tanti decreti del 2020 del 2020 ha previsto che chi avesse prenotato una vacanza e fosse impossibilitato a fruirne a causa Covid potesse ricevere un voucher di viaggio dello stesso valore, della validità di 24 mesi. E potesse eventualmente riscattarlo in denaro dopo 12 mesi dalla sua emissione – spiega Maria Pisanò -. Tuttavia l’obbligo vigeva esclusivamente da marzo a settembre 2020. Oggi l’opportunità è rimessa all’iniziativa degli operatori turistici”.
Cosa offrono per l’occasione le compagnie aeree in Italia?
“La maggior parte delle compagnie aeree continua a erogare voucher di viaggio – continua il direttore -. Persino Ryanair, la più restìa a farlo. Ma ce ne sono altre, come WizzAir, che chiedono una sorta di penale per la riprotezione del volo che di fatto equivale al costo di un nuovo biglietto”.
C’è chi scopre di essere stato contagiato, chi viene a conoscenza di aver avuto un contatto con un positivo e chi vede annullato l’evento a cui doveva partecipare (es. un concerto). E’ sempre legittimo chiedere il rimborso di quanto versato per soggiorno e trasporto?
“Non essendo obbligatorio l’isolamento fiduciario, in caso di contatto con un positivo non è possibile chiedere il rimborso – fa sapere Pisanò -. Lo stesso vale per l’annullamento di un evento, che non implica in sé l’impossibilità di imbarcare. Tranne che non si tratti di un viaggio organizzato e i servizi siano tra loro inscindibili”.
Oltre al decreto Cura Italia che ha previsto i rimborsi nel 2020, esistono dei riferimenti normativi che tutelino i consumatori dall’impossibilità di fruire del viaggio acquistato.
L’impossibilità della prestazione, in particolare, è disciplinata dall’articolo 1463 del Codice civile che recita così: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.
E c’è poi il Codice della navigazione che all’articolo 945 stabilisce che: “Se la partenza del passeggero è impedita per causa a lui non imputabile, il contratto è risolto e il vettore restituisce il prezzo di passaggio già pagato. Se l’impedimento riguarda uno dei congiunti o degli addetti alla famiglia, che dovevano viaggiare insieme, ciascuno dei passeggeri può chiedere la risoluzione del contratto alle stesse condizioni. Al vettore deve essere data tempestiva notizia dell’impedimento e il passeggero è responsabile del danno che il vettore provi di aver sopportato a causa della ritardata notizia dell’impedimento, entro il limite massimo dell’ammontare del prezzo del biglietto”.
Grazie a questi riferimenti normativi, è possibile chiedere il rimborso di soggiorno e biglietto aereo di cui non si ha potuto fruire a causa Covid. Anche se il contagio riguarda un congiunto o comunque una seconda o terza persona inclusa nella prenotazione.
Per ottenere il rimborso occorre rivolgersi direttamente alla compagnia di viaggio o alla struttura alberghiera si ha scelto. Preferibilmente tramite Pec o raccomandata A/R.
Oppure, se non si vuole perder tempo, si può contattare un’associazione a tutela dei consumatori che possa gratuitamente occuparsi della questione: “Noi del Centro Europeo Consumatori Italia assistiamo ogni giorno i consumatori e li aiutiamo a ottenere quanto spetta loro. Nel caso dei rimborsi di viaggio per Covid, possiamo difendere gli utenti che abbiano scelto una meta europea o un vettore con sede in Europa – conclude Pisanò -. Questo consente ai turisti di abbattere gli eventuali ostacoli linguistici, di non doversi occupare del problema e di non non dover sopportare alcun costo derivante dall’assistenza legale”.