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Covid, vaccini, l’ira Conte per i tagli, da domani azioni legali

“E’ evidente che, se i vaccini non ci sono, slitta di qualche settimana o mese l’immunità di gregge. Non dipende da noi ma dalle aziende che forniscono i vaccini”.

Lo ha detto in tv il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia aconfermando che i richiami saranno “fatti e garantiti” ma che il piano va rimodulato “in base ai numeri ridotti”.

“Pretendiamo che quei numeri siano ripristinati” ha aggiunto, sottolineando che “se ci sono problemi produttivi” per i ritardi “devono spiegarceli” ma, “se i vaccini destinati all’Ue finiscono in altri continenti, è molto grave”.

Ieri nuovi problemi per i vaccini

Dopo i ritardi del vaccino Pfizer-Biontech ieri nuovi problemi, con il governo italiano che sarà costretto a rimodulare il Piano vaccini e a rivedere gli obiettivi, con il premier Giuseppe Conte che ha attaccato ieri sera le case farmaceutiche definendo “inaccettabili” i tagli annunciati da AstraZeneca.

I ritardi, secondo il Presidente del Consiglio, “costituiscono gravi violazioni contrattuali che producono danni enormi all’Italia, il nostro Piano è stato elaborato sulla base di impegni contrattuali liberamente assunti” e per questo, ha annunciato, “ricorreremo a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali per rivendicarne il rispetto”.

Azioni legali da domani

Già da domani il Governo si muoverà contro Pfizer su tre canali: una diffida per inadempimento e un esposto ai pm per potenziale danno alla salute, entrambi da presentare nel nostro Paese, e una richiesta a nome del Governo e delle Regioni al foro di Bruxelles per inadempimento.

Anche l’Ue vuole vederci chiaro sui ritardi e ha convocato, sempre per domani, l’azienda inglese, indicando due obiettivi: avere un programma chiaro che consenta di pianificare le consegne e accelerare la distribuzione.

Ma il governo italiano deve fare i conti anche con altre due problemi sul tavolo: il presunto allarme lanciato da alcuni centri vaccinali regionali – Sicilia, Emilia Romagna e Lombardia – sulla carenza di siringhe di precisione per somministrare le dosi, e la necessità di evitare che le varianti del covid, da quella inglese a quella sudafricana che preoccupa molto di più, conducano anche in Italia a una nuova esplosione di contagi, come avvenuto in diversi Paesi europei.

Non mancano le siringhe

Sulle siringhe il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri è stato drastico: nessun allarme, semplicemente sono state distribuite meno siringhe “per la banale ragione che Pfizer ci ha inviato un numero inferiore di fiale di vaccino”.

Sul rischio varianti, invece, la questione è più complessa tanto che l’Esecutivo, come ha rivelato ieri il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, sta valutando la possibilità di un “innalzamento delle misure”.

Tornando al Piano vaccini, il Governo, con il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, ha convocato le Regioni assieme al ministro della Salute Roberto Speranza e ad Arcuri per aggiornare quello presentato in Parlamento il due dicembre dello scorso anno.

Le prime dosi di Astrazeneca, se il vaccino avrà il via libera dell’Ema, arriveranno il 15 febbraio, poi ancora il 28 e il 15 marzo.

La rimodulazione del Piano

In base al piano inziale, nel primo trimestre del 2021 sarebbero dovute arrivare in Italia 28 milioni e 269mila dosi.

Una quantità che, ormai è evidente a tutti, non sarà rispettata: entro la fine di marzo le dosi a disposizione saranno meno di 15 milioni, dunque circa la metà di quanto previsto.

Astrazeneca ha infatti confermato la riduzione a causa di un problema alla produzione, un taglio del 60% che, hanno spiegato sia Conte sia Arcuri, per l’Italia significherebbe passare da 8 milioni a 3,4 milioni di dosi.

Alle quali si dovrebbero aggiungere gli 8,7 milioni di dosi di Pfizer-Biontech e il milione e 300mila di Moderna.

Una situazione che ha fatto suggerire al governatore del Veneto Zaia, presente all’incontro, che “qualora vi sia un via libera di Ema ai vaccini russo o cinese si possa ricorrere anche a questa soluzione”.

Rivedere gli obiettivi

Si tratta dunque di rivedere gli obiettivi, come conferma il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli: “la riduzione della capacità produttiva di AstraZeneca richiederà la rimodulazione della campagna”.

Si dovrebbe riuscire a centrare l’impegno prioritario, vaccinare entro marzo tutti gli operatori sanitari e sociosanitari, ospiti e personale delle Rsa, over 80 e pazienti fragili, oncologici, cardiologici e ematologici.

In tutto quasi sette milioni di italiani.

Ma non le altre categorie: i tredici milioni e 400mila italiani tra i 60 e i 79 anni, i sette milioni e quattrocentomila con almeno una comorbilità cronica, oltre al personale dei servizi essenziali: insegnanti e personale scolastico, forze di polizia, personale delle carceri e detenuti.

C’è poi da tener conto anche di un altro elemento. Quando l’Ema darà il via libera al vaccino di AstraZeneca, sottolinea ancora Locatelli, bisognerà vedere “che tipo di approvazione verrà data”, se sarà cioè “condizionata a determinati parametri di età piuttosto che di percentuale di copertura vaccinale”.

In sostanza, se come sembra il vaccino verrà consigliato per la popolazione sotto i 55 anni, l’Italia dovrà individuare nuovi criteri per definire le categorie prioritarie, dando la precedenza ai più giovani.