Sanità

Covid, varianti Alfa e Beta maggiormente trasmissibili e “anomale”

Si trasmettono più facilmente pur avendo una carica virale molto bassa, ossia poche copie del materiale genetico del virus presenti in un millilitro di materiale biologico prelevato con il tampone: è uno dei nuovi punti interrogativi sulle varianti del virus SarsCoV2, presentati in apertura del congresso mondiale di Microbiologia.

In programma fino al 24 giugno, il congresso è organizzato dalla Società Americana di Microbiologia e dalla Federazione delle Società Europee di Microbiologia (Fems). Questa caratteristica inattesa è stata rilevata in particolare nella variante Alfa (B.1.1.7) identificata per la prima volta in Gran Bretagna, e nella Beta (B.1.351) identificata in Sudafrica nella ricerca condotta negli Stati Uniti dalla Johns Hopkins School of Medicine.

“Sebbene le due varianti siano associate a una trasmissione più elevata, i pazienti nei quali sono state rilevate non mostrano prove di cariche virali più elevate nelle vie respiratorie superiori rispetto al gruppo di controllo”, osservano i ricercatori. “Il motivo per cui queste varianti mostrano una maggiore trasmissibilità non è ancora chiaro”, ha affermato la coordinatrice della ricerca, Adannaya Amadi. I risultati indicano inoltre che le persone colpite dalle varianti Alfa e Beta “hanno meno probabilità di essere asintomatiche rispetto al gruppo di controllo” e che “sebbene non abbiano una rischio maggiore né di morte né di ricovero in terapia intensiva, hanno maggiori probabilità di essere ricoverate in ospedale”.