PALERMO – Siamo destinati a discutere di Questione meridionale ancora per un po’. Con l’ultimo Dpcm, infatti, il governo ha definito il quadro pandemico delle Regioni del Sud mediamente grave, collocando la Calabria in zona rossa e la Sicilia e la Puglia in quella arancione. Questo ha significato l’inasprimento delle misure restrittive e la chiusura forzata di numerose attività economiche, condannando il Meridione a un circolo di decrescita estremamente preoccupante.
Questo ha spinto l’Assessorato all’Economia della Regione siciliana ha rivedere le stime relative all’andamento del Pil presentate questa estate tenendo conto delle recenti misure restrittive e della possibilità che tali misure possano inasprirsi e proseguire nelle prossime settimane. Gli scenari prospettati dal Nadefr 2021-23, la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza regionale, sono essenzialmente due: nella prima ipotesi, più ottimistica e in linea con le stime nazionali, emerge un peggioramento dell’andamento del Prodotto interno lordo da -7,8%, percentuale di previsione di luglio, all’8%, accompagnato da un più robusto rimbalzo delle previsioni di crescita per il prossimo triennio (a partire dall’anno prossimo: +5,0%, invece che +3,4% e un +3,5% nel 2022, mentre il Pil programmatico registra un +7,6% nel 2021 e un +4,7 nel 2022); la seconda, definita “scenario di rischio”, è invece più prudente e prevede una contrazione della ricchezza del 9,5% e una lenta ripresa del Pil tendenziale negli successivi al 2020.
Un tale scenario riporterebbe la Sicilia e l’intero Meridione indietro in termini di ricchezza e sviluppo. È quanto rilevato dalla Cgia di Mestre nel suo ultimo rapporto, secondo cui il Sud d’Italia vedrà scivolare il proprio Prodotto interno lordo allo stesso livello del 1989 retrocedendo di ben 31 anni, nonostante una riduzione (-9%) più contenuta rispetto a tutte le altre macro aree del paese. Su base regionale, invece, la Sicilia, insieme alla Valle d’Aosta, sarà la Regione a perdere più anni ritornando allo stesso livello di Pil reale del 1986 e andando così indietro di 34 anni. A ciò naturalmente si aggiungerà anche una contrazione del valore aggiunto per abitante. A causa del Covid, infatti, ogni italiano perderà mediamente quasi 2.500 euro, mentre ogni siciliano sarà privato di poco di 1.300 euro registrando una flessione dell’8,1% rispetto al 2019.
La preoccupazione maggiore riguarda però la tenuta occupazionale, soprattutto nel Meridione, la macro area che in termini percentuali subirà la contrazione più marcata, -2,9%, pari a 180.700 di addetti. La stessa percentuale dovrebbe colpire anche la nostra isola, mentre la Campania e la Calabria registreranno addirittura una flessione peggiore, pari rispettivamente al 3,5% e al 5,1%. Il Friuli Venezia e Giulia, invece, sarà l’unica regione italiana a registrare una variazione positiva.
Queste stime, però, esattamente come quelle che riguardano il Pil, sono state aggiornate al 13 ottobre 2020 e non tengono conto delle misure introdotte nelle ultime settimane e delle ulteriore restrizioni che hanno riguardato numerosi settori economici. Se le previsioni tenessero conto anche di queste misure, precisa la Cgia, la caduta del prodotto interno lordo nazionale supererebbe addirittura il 10%.
Anche per l’Assessorato all’Economia l’emergenza principale riguarda i posti di lavoro: “I dati – si legge nel Defr – evidenziano infatti che da febbraio 2020 nel Paese il livello di occupazione è diminuito di oltre mezzo milione di unità e le persone in cerca di lavoro di quasi 400 mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 900.000 unità. L’effetto sui tassi di occupazione e disoccupazione è la diminuzione di oltre un punto percentuale in tre mesi. Con effetti ancor più gravi in Sicilia, come dimostra il Defr, che evidenzia un grave decremento già rispetto allo scorso anno (la rilevazione registra in Sicilia 1.320.000 occupati, in flessione congiunturale del 4,8% rispetto al trimestre precedente a fronte di una contrazione dell’1,3% a livello nazionale)”.
“Ristori immediati per chi chiude”
“Secondo i dati dell’ultimo ECONomic Bulletin Covid-19 impact and response measures della Commissione Econ del Comitato Europeo delle Regioni la Regione Siciliana è una delle prime tra le Regioni europee ad aver adottato più azioni per combattere la crisi economica post-pandemica”. È quanto si legge nel Nadefr 2021-23. Tra queste: “istituzione di linee di credito a condizioni vantaggiose, ampliamento dei sistemi di garanzia dei prestiti, sistemi di sostegno per la concessione di prestiti a tasso zero, esenzione, sconto, differimento o frazionamento delle imposte regionali”.
E tale analisi, aggiunge il documento, “è stata confermata dall’Eurobarometro 2020 sulle politiche regionali e locali dello stesso Comitato che ha indicato le misure adottate dalla Regione siciliana quale riferimento europeo per differenziazione e pertinenza”.
“La crisi post-Covid-19 – prosegue il documento – è stata simmetrica nel colpire gli Stati membri, ma l’impatto aggraverà ulteriormente le divisioni economiche, sociali e territoriali, soprattutto in quelle regioni in cui la situazione prima della crisi era già più fragile e dove le prospettive di ripresa sono compromesse a causa degli svantaggi geografici e delle maggiori difficoltà a beneficiare del mercato unico. Appare quindi ineludibile che, in questa fase della ripresa delle misure di contrasto alla diffusione della pandemia, pensare a salvare i siciliani prima di tutto dal contagio e contestualmente dalle disastrose conseguenze economiche di quello che sta avvenendo. Questo deve comportare l’indennizzo immediato a coloro che hanno dovuto chiudere la propria attività o perso il lavoro, così come richiesto dal Governo regionale”.