ROMA – All’interno dell’Unione europea ci sono otto Paesi che hanno più che raddoppiato, in due casi quasi triplicato, il prodotto interno lordo in dieci anni. Dalla nona posizione di tale speciale classifica, tredici Paesi dal 2013 al 2023 registrano un incremento percentuale del Pil tra poco meno del 100% e il 50%. Il Pil italiano è cresciuto appena del 34% in dieci anni; un risultato che ci colloca al terz’ultimo posto, davanti soltanto a Svezia (+29% ma con un Pil di partenza, sia in valore assoluto che pro capite ben più alto di quello dell’Italia) e Grecia (+21%).
Il nostro Pil nel 2023 ha raggiunto quota 2.085 miliardi di euro, il Pil pro capite si è attestato su circa 35.000 euro. Una Prodotto interno lordo, dunque, che ci riconferma terzo motore trainante nell’Ue27, dietro Germania (4.185 miliardi di euro) e Francia (2.822) e avanti alla Spagna (1.462). Questi quattro Paesi, insieme, mettono sul piatto 10.554 miliardi di euro sui 17.034 totalizzati dal 27 Paesi membri; il 62% della ricchezza dell’Unione.
In merito al Pil pro capite, però, in Germania si raggiunge quasi quota 50.000 euro e in Francia 41.000. Quello che questi ultimi macro-dati non dicono è in che percentuale, negli anni, tali numeri siano cresciuti: quanto tedeschi, francesi, italiani e spagnoli si siano “arricchiti”. Ebbene, i dati citati in apertura sottolineano che dal 2013 e quindi a dieci anni di distanza dagli ultimi numeri validati da Eurostat, l’Italia ha visto crescere il Pil di un terzo del proprio valore. Una performance tutto sommato deludente se commisurata alle performance dei primi della classe: Irlanda (+210%), Malta (+171%), Bulgaria (+133%). Più modesti, ma pur sempre più incoraggianti, i numeri dei big-Ue: Germania (+53%), Spagna (+43%) e Francia (+37%). “Cresciamo”, dunque, più lentamente degli altri e tale trend, in un orizzonte temporale più ampio e se non corretto, è sicuramente preoccupante.
La prospettiva non migliora puntando lo sguardo sul deficit pubblico. Nel 2023 tutti gli Stati membri, a eccezione di Cipro e Danimarca (entrambi +3,1%), Irlanda (+1,7%) e Portogallo (+1,2%), hanno registrato un disavanzo. I disavanzi più elevati sono stati in Italia (-7,4%), Ungheria (-6,7%) e Romania (-6,6%). Undici Stati membri hanno registrato disavanzi superiori al 3% del Pil. Alla fine del 2023 i rapporti più bassi tra debito pubblico e Pil sono stati fatti segnare in Estonia (19,6%), Bulgaria (23,1%), Lussemburgo (25,7%), Danimarca (29,3%), Svezia (31,2%) e Lituania (38,3%). Tredici Stati membri hanno un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60%, con i più alti registrati in Grecia (161,9%), Italia (137,3%), Francia (110,6%), Spagna (107,7%) e Belgio (105,2%).
Nel 2023 la spesa pubblica nell’area dell’Euro è stata pari al 50% del Pil e le entrate pubbliche al 46,4%. Le cifre per l’Ue erano rispettivamente del 49,4% e del 45,9%. I rapporti tra entrate e spese pubbliche sono diminuiti sia nella zona euro che nell’Ue rispetto al 2022. Nonostante il debito pubblico dell’Italia sia sceso al 137,3% del Pil, rispetto al 140,5% del 2022, la strada è ancora molto lunga: basti considerare che il debito pubblico è diminuito dall’83,4% all’81,7% nell’Ue. Il confronto con i big comunitari non è, ancora una volta, favorevole: in Germania il disavanzo è pari al 2,5% del Pil contro il citato 7,4% italiano, il debito pubblico tedesco è il 63,6% del Pil contro il citato 137,3% italiano. In Francia il disavanzo è pari al 5,5% del Pil, il debito pubblico francese è il 110,6% del Pil. In Spagna il disavanzo è pari al 3,6% del Pil, il debito pubblico spagnolo è il 107,7% del Pil.
Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in più occasioni ha trattato il problema del debito pubblico italiano, il terzo più alto tra i Paesi Ocse, dopo Grecia e Giappone. Panetta ha sottolineato come ogni anno l’Italia debba destinare una quota rilevante del bilancio per pagare gli interessi di questo debito: “L’Italia è l’unico Paese dell’area dell’Euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione”, ha riportato Pagellapolitica.
A conferma di tale affermazione si osservi che la spesa italiana per gli interessi sul debito è pari al 4,4 per cento del Pil (la percentuale più alta nell’Ue-27 nel 2022), quella per l’istruzione è ferma al 4,1 per cento. La spesa media in interessi sul debito dei 27 Paesi Ue è invece molto più bassa, pari all’1,7 per cento. “L’alto debito – ha concluso il governatore – sta gravando sul futuro delle generazioni giovani, limitando le loro opportunità”.