Dunque, l’11 luglio di quest’anno l’Onu ha comunicato ufficialmente che l’umanità ha raggiunto la soglia quantitativa di otto miliardi di esseri umani. Nel 1800, gli abitanti erano appena un miliardo, diventati due miliardi nel 1927. Non sappiamo quale possa essere la cifra che il nostro Pianeta potrà sopportare; il futuro darà una risposta alle generazioni che ci seguiranno. Una cosa è sicura: con gli attuali stili di vita neanche la popolazione mondiale odierna potrà essere sostenuta dal sistema-Terra.
Gli esperti hanno calcolato il ritmo di crescita della popolazione, per cui nel 2043 si dovrebbe toccare la soglia di nove miliardi e, per conseguenza, quella fatidica di dieci miliardi dopo un quarto di secolo.
La questione di fondo non è la capienza del nostro Pianeta, bensì la sua vivibilità, perché l’immenso accumulo di anidride carbonica – oltre al metano – nell’atmosfera sta sconquassando gli equilibri terresti, con la conseguenza che aumenta la temperatura, che si sciolgono i ghiacciai, che aumenta il livello del mare, che l’aria diventa irrespirabile e via elencando.
Ma di fronte a queste negatività non possiamo non evidenziare che comunque l’aspettativa di vita media degli umani è aumentata.
A cominciare dalla giovane Greta, che fa un’opera di sensibilizzazione meritevole sulla necessità di cambiare stile di vita, a seguire con tanti ambientalisti – alcuni dei quali hanno però il difetto di negare opere essenziali non inquinanti – il processo di conoscenze aumenta sempre di più e con esso la consapevolezza che bisogna dare rimedio a questo inquinamento delittuoso.
Tuttavia, come ha dimostrato la recente conferenza Cop 27 di Sharm, i Paesi meno avanzati non intendono perdere il treno dello sviluppo, sacrificando quindi l’ambiente.
Si cita sempre la Cina come il maggiore inquinatore del mondo, ma lì vicino vi sono India, Giappone e Corea del Sud; tutto il polo asiatico inquina molto, ma non possiamo trascurare quello occidentale delle Americhe, che non è da meno.
Il maggiore tentativo di sensibilizzazione è in Europa, che però con la sua popolazione di circa 427 milioni di abitanti costituisce appena un ventesimo della popolazione mondiale, per cui gli effetti delle azioni per contrastare il cambiamento climatico sarebbero modesti.
Tutta l’Africa inquina poco perché non è sviluppata e quindi non ha industrie energivore né tutti gli impianti di servizio dei cittadini tipici delle economie avanzate, con la conseguenza che il continente produce basse emissioni nocive.
Lo stesso può dirsi dell’America del Sud, ove tutte le repubbliche, fra cui le più importanti Brasile e Argentina, hanno un tasso di sviluppo ancora molto arretrato e quindi inquinano poco.
Sviluppo vuol dire inquinamento, per cui paradossalmente dovremmo augurarci un minore sviluppo per avere un minore inquinamento; ma questo è difficile che avvenga.
Per riepilogare: l’inquinamento non si può frenare perché lo sviluppo è in costante aumento; la popolazione aumenta e quindi di per sé inquina; difficilmente le persone rinunziano alle comodità, magari appena conquistate; altre cause che qui è inutile elencare. Conseguenza di tutto ciò, sembra che non si arrivi a un modo utile per diminuire la quantità di anidride carbonica e altri inquinanti, che invece aumentano costantemente.
Di fronte a questo scenario, la domanda che ci si pone è: la situazione è irrimediabile e quindi in un certo tempo, forse qualche secolo, l’umanità è destinata ad autodistruggersi? La risposta affermativa sarebbe facile, ma non è così perché la ricerca e la scienza – oltre che le iniziative dei cittadini – vanno avanti e stanno studiando un rimedio risolutivo della questione, che qui ripetiamo avendolo scritto più volte.
Si tratta di un processo industriale che utilizza come materia prima la stessa anidride carbonica per produrre altra energia. Il processo ha due effetti benefici: utilizzare una materia prima praticamente a costo zero; disinquinare contestualmente l’atmosfera. Sembra l’uovo di Colombo e così sarà quando questa tecnologia riceverà i crismi di tale soluzione positiva.
Questo processo realizzerebbe l’ultimo tassello dell’economia circolare, cui l’umanità fino a oggi ha pensato poco.