Crescono i manager in Sicilia, i dirigenti impiegati dalle aziende per sfruttare la meglio le loro competenze nella gestione aziendale. Secondo gli ultimi dati elaborati da Manager Italia nell’Isola sono in totale 1.707 i dirigenti al lavoro in aziende private di cui 459 sono donne.
Sono dati che si riferiscono all’anno 2021 e sono stati elaborati su una base fornita da Istat.
Rispetto all’anno precedente il numero di manager impiegati nelle società siciliane è cresciuto del 13,8% nella componente maschile e quasi del doppio (23,1%) nella componente femminile. Un dato che conferma una tendenza che è stata già registrata nell’Isola: sul medio periodo (dal 2008 al 2021) la componente di manager femminile è crescita del 120,7% mentre quella maschile si è ridotta del 9,4%. Un dato superiore anche alla media nazionale.
A fronte di un peso percentuale delle donne dirigenti pari al 20,5% in Italia, in Sicilia siamo al 26,9%, con punte a Palermo al 31,3% e Agrigento al 27,4%.
Resta comunque il fatto che le aziende con una vera gestione manageriale e manager esterni alla famiglia in Sicilia e in gran parte d’Italia Italia sono ancora troppo poche. Basta guardare al singolo dato riferito ai dirigenti privati, che sono l’1% degli occupati a livello nazionale e solo lo 0,3% in Sicilia. “Stiamo crescendo leggermente come Pil, ma occupati e manager hanno un fortissimo gap da colmare. Seppure il Pil del 2023 dovrebbe essere positivo, grazie però solo ad aiuti pubblici vari, abbiamo ancora molto da fare e solo puntando su innovazione, qualità e alto valore aggiunto potremmo aumentare l’occupazione e dare lavoro dignitoso alle donne, ai giovani e ai troppi neet che abbiamo. Per fare questo serve anche, soprattutto, una crescita della managerialità nel sistema economico del nostro territorio”, spiega Carmine Pallante, presidente di Manageritalia Sicilia.
La gestione aziendale è un argomento anche di tesi di laurea e ricerche universitarie. La tendenza del capitalismo italiano è quella di affidare l’impresa alla famiglia dell’imprenditore (86% delle aziende sono di proprietà familiare, secondo dati di Mediobanca su una media dell’82% in Europa). Ma il vero gap, però, consiste nella managerialità di queste imprese.
Tra le imprese familiari, in Italia il 72% è gestito direttamente dai membri della famiglia, mentre questa percentuale è solamente il 40% in Spagna, il 38% in Germania e il 41% in Francia. Inoltre, non a caso, la percentuale di manager nelle imprese familiari che viene remunerata sulla base delle performance è in Italia la più bassa d’Europa: 16% rispetto al 49% e al 45% delle imprese tedesche e francesi.
Emerge infine che i manager delle imprese a gestione familiare tendono ad avere età maggiore, minori competenze e minore capitale umano, oltre a rimanere alla guida delle imprese anche ben oltre l’età pensionabile. Ciò che emerge dalla letteratura è che il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da una quota preponderante di imprese familiari a gestione diretta dei membri della famiglia, le quali sono mediamente amministrate da manager più anziani e a minor capitale umano.
Ma perché le piccole aziende non scelgono i manager? Le risposte sono le più varie ma da un paio di imprese a conduzione familiare che sono state sentite la più frequente è perché in questo modo il capofamiglia, di solito il capo della azienda, crede di avere meglio il controllo della gestione aziendale sentendola più “vicina” magari affidando ai figli o a parenti prossimi la gestione di alcuni settori. Secondo altri invece il rischio è che un manager possa “costare” troppo in termini economici sul bilancio di gestione aziendale e quindi si evita di ricorrere a figure esterne.
Tra le figure che potrebbero sopperire a questa mancanza ci sono anche i temporary manager (dei dirigenti assunti a tempo con una precisa missione) ma anche in questo caso la risposta più comune è che queste figure possano essere utili solo in casi estremi come quelli di crisi aziendale o gestionale.
Foto di Mohamed Hassan da Pixabay