Inchiesta

Crisi climatica, giovani in piazza per una politica a zero “omissioni”

Dei cambiamenti climatici ci si ricorda solo quando un qualche evento estremo miete vittime. Dall’alluvione di Catania, avvenuta nell’ottobre dello scorso anno, fino al recente nubifragio che ha investito le Marche, non è passato nemmeno un anno, eppure la politica, di tutti i colori, continua a sottovalutare i rischi idrogeologici che costellano come un campo minato tutto il Paese. Soltanto nei primi nove mesi di quest’anno, a leggere il database dell’Osservatorio “Città Clima” di Legambiente, si contano ben 208 tra calamità varie e danni provocati da eventi estremi, più di tutti quelli registrati nel 2021 (cioè 199), il che dimostra come la tendenza stia proseguendo in una drammatica escalation.

Da quando sono iniziate le rilevazioni dell’associazione ambientalista, cioè dal 2010, sul nostro Paese si sono abbattuti 1.458 episodi calamitosi – come allagamenti, violente grandinate, temperature estreme in città, danni da siccità prolungata – di cui 161 solo in Sicilia (la seconda regione più colpita, a un passo dalla Lombardia dove se ne sono registrati 163).

I numeri, insomma, parlano chiaro, eppure l’Italia continua a restare tra i Paesi più indietro nella lotta al climate change: è infatti l’unico grande Stato membro dell’Ue a non avere ancora un Piano di adattamento al clima, pubblicato solo in bozza circa quattro anni fa dall’allora ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. “Malgrado l’accelerazione evidente dell’emergenza climatica – spiega il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – il Piano non è stato ancora approvato, nonostante siano passati nel frattempo tre governi (Conte 1 e 2, Draghi) e due ministri (Sergio Costa e Roberto Cingolani). Se non si approva in tempi brevissimi il Piano… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI

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