Mentre scrivo, è in atto la crisi di Governo più anomala di sempre. Mentre scrivo, gli italiani sono chiusi in casa e si chiedono confusi la ragione di tale crisi, adesso con una pandemia da combattere e l’indiscutibile vitale esigenza di una ripresa economica che non è ancora partita.
Il tessuto sociale agonizza, in particolare il Sud. Mentre scrivo, il Presidente della Repubblica Mattarella ha avviato le consultazioni che si concluderanno venerdì per un Governo Conte-ter o tecnico, non pare voglia andare a elezioni.
E’ lampante lo spappolamento del Parlamento in partiti e partitini in cui ogni parlamentare si sente egli stesso un partito a sé. Il post del 26 del Presidente del Consiglio Conte parla di un “Governo di salvezza nazionale” lasciando intendere quanto tale Governo potrebbe salvare la Nazione. Potrebbe, ma solo se fosse un Governo con un respiro lungo e profondo che traghetti il Paese fuori dal Covid e lo surfi in alto sull’onda del Recovery Fund fino alle prossime elezioni, presumibilmente estive.
Ecco che allora mi sovviene un parallelismo politico a tratti visionario o forse un semplice corso e ricorso storico. Ricorderete il Pentapartito, il CAF nato dal patto d’acciaio del 1981 tra Craxi, Andreotti e Forlani, composto da cinque partiti: centrodestra (PLI) centro (DC) e centrosinistra (PSI, PRI, PSDI) che si allearono per garantire l’alternanza di Governo e l’esclusione dallo stesso del PCI. La novità vera era la presenza paritetica tra democristiani e gli altri quattro partiti in cui i socialisti di Craxi facevano da ago della bilancia tra DC e PCI, approvando di volta in volta quei provvedimenti che ritenevano validi.
Nessuna alternativa era praticabile senza il loro consenso. Dieci anni dopo, il PRI uscì dalla coalizione lasciando in piedi il Quadripartito con una maggioranza risicata, una grande instabilità in un Paese attraversato da omicidi mafiosi illustri, quale quello del giudice Falcone e dallo tsunami di Tangentopoli.
L’allora Presidente della Repubblica Scalfaro diede l’incarico di formare un esecutivo al Presidente della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, per contrastare la grave crisi economica e riscrivere la legge elettorale. Sono trascorsi quasi trent’anni, non vedo grandi differenze, piuttosto similitudini.
In fondo, Renzi come Craxi, prova a fare da ago della bilancia anche se non ha affatto gli stessi numeri (il PSI aveva il 14%); la crisi economica e sanitaria rischia di travolgere uomini e cose. Oggi l’alleanza di quattro o più partiti potrebbe ridare forza ad una maggioranza indebolita dall’indecisione e strappata da un Renzi che non si è ancora ripreso dalla batosta del Referendum, avendo commesso l’ingenuo errore di intestarsi una battaglia personale che poi ha perso tristemente.
E se la storia come spesso accade si ripetesse e indicasse una strada da ripercorrere nei modi e nei tempi adeguati al momento? Se i partiti dell’attuale maggioranza facessero un patto d’acciaio e il Presidente Mattarella desse l’incarico per un esecutivo col compito di risollevare il Paese ed anche perché no, riscrivere finalmente la legge elettorale? Non so come andrà, so con certezza che, quando si vive una situazione straordinaria, occorre accantonare ambizioni ed egoismi, rimboccarsi le maniche e lavorare ad un progetto serio e strategico che possa ridare fiducia e sostegno al Popolo, unico vero sovrano dell’Italia.