PALERMO – Con l’avanzare del caldo estivo che rischia di aggravare le conseguenze della crisi idrica, diverse comunità si trovano davanti a un’emergenza che non accenna a rientrare in tempi brevi. D’altra parte, sembra anche che, per quanto seria, la situazione sia comunque ben monitorata dalle autorità competenti, impegnate a mettere in campo tutte le azioni necessarie per arginare le criticità.
Una delle situazioni più problematiche risale a qualche giorno fa, con lo stop all’invaso Rosamarina comunicato da Amap, inevitabile dopo la rilevazione di un alto livello di torbidità dell’acqua. Interruzione che ha provocato disagi in numerose aree di Palermo e provincia.
A tamponare il problema, come annunciato dalla stessa Amap, il tempestivo intervento del Dipartimento regionale dell’Acqua e dei Rifiuti che ha parzialmente ripristinato il prelievo da Rosamarina, precisando comunque la possibilità di limitati e temporanei disservizi in diversi distretti palermitani.
Non è solo questo, però, il versante su cui si fanno sentire i colpi della crisi. Tra i settori più vulnerabili all’emergenza idrica, rientra senz’altro quello agricolo. È su questo fronte che giunge un ulteriore segnale da parte delle istituzioni, con una riunione sull’emergenza in agricoltura tenutasi nei giorni scorsi, alla quale hanno partecipato i rappresentanti del Consorzio idro agricolo del Comune di Bagheria, il dirigente presso il Dipartimento dell’Agricoltura della Regione Siciliana, Pietro Miosi, con i produttori ed i tecnici esterni.
L’incontro si è concluso con l’intenzione di chiedere alla Regione e al Dipartimento di Protezione civile la riattivazione dei pozzi esistenti e abbandonati, nonché la realizzazione di impianti e infrastrutture che consentano la connessione tra i pozzi in questione e i canali del Consorzio di bonifica.
Alla riunione, ha fatto seguito un nuovo sopralluogo, al quale ha partecipato anche il sindaco di Bagheria, Filippo Tripoli, con l’obiettivo di valutare e concordare le attività necessarie per la messa in funzione di alcuni pozzi, nonché per quantificare la spesa necessaria alla realizzazione delle opere.
Un ulteriore aspetto su cui incide la crisi delle acque in Sicilia, è quello che riguarda la gestione e la depurazione dei reflui. Nervo scoperto del nostro Paese, soprattutto in ragione delle disavventure con l’Unione Europea provocate dalle difformità in ambito di depurazione rispetto alle normative comunitarie.
In questo campo, un segno dell’impegno istituzionale giunge da Mezzojuso, dove l’Amap ha deciso di impiegare un modulo sperimentale per il trattamento delle acque reflue urbane, vista la necessità di effettuare l’adeguamento dell’impianto di depurazione, mai entrato in funzione quando era gestito dal Comune.
Il modulo sperimentale, a noleggio per un periodo iniziale di 12 mesi, viene incontro sia all’eventualità di mancato funzionamento del presidio depurativo, sia alla situazione di incertezza dovuta ai tempi dei lavori di adeguamento del depuratore.
Il modulo consiste in un impianto di depurazione prefabbricato in acciaio inox che ha l’obiettivo di contenere i volumi e aumentare i rendimenti attraverso l’utilizzo della tecnologia Mbbr (Moving bed biofilm reactor).
Il nuovo modulo, fa sapere Amap, potrà garantire l’efficace depurazione dei reflui provenienti dalla fognatura del Comune di Mezzojuso, una minima produzione di fanghi e un basso consumo energetico.
“Si tratta di una prima applicazione pilota da parte del Gestore del Servizio idrico integrato di Palermo – ha dichiarato l’Amministratore unico di Amap, Alessandro Di Martino – per proseguire con il percorso che punta a rendere efficiente il servizio di depurazione per gli agglomerati della provincia, attraverso l’abbattimento dei carichi inquinanti e ai fini della tutela dell’ambiente”.
Poi ha aggiunto: “un ulteriore obiettivo è legato al superamento delle procedure di infrazione comunitaria per la mancata depurazione dei reflui che hanno condannato l’Italia – e in particolare gli agglomerati siciliani – al pagamento di ingenti penalità”.